Il clima del 2015 è stato caratterizzato da diverse anomalie, dalla primavera fino all'inverno. Il 2015 è stato infatti classificato dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale, tra gli anni più caldi da quando si hanno misure, ovvero dal 1850 (WMO Statement on the Status of the Global Climate in 2015) per numerose aree del globo. In Valle d'Aosta l'anomalia termica ha raggiunto i +4°C. Non solo le temperature sono state molto alte, ma la situazione è stata aggravata dalle precipitazioni pressochè assenti nel mese di luglio, in estate, e a dicembre, lasciandoci con un mite Natale privo di neve. In questo contesto climatico ARPA Valle d'Aosta ha registrato, presso i suoi siti di monitoraggio, impatti a carico di tutti gli ambienti caratteristici delle Alpi, dalle praterie ai ghiacciai.
Le ripetute ondate di calore estive tra luglio e agosto dello scorso anno, accompagnate da estrema carenza di pioggia, hanno ridotto la vitalità e la crescita delle piante con un ingiallimento estremamente precoce delle praterie alpine (sito di monitoraggio a Torgnon, 2160 m slm) e una riduzione della loro produttività. Gli estremi climatici possono infatti avere notevoli impatti sulla struttura, la composizione e il bilancio del carbonio degli ecosistemi, ovvero sull'importante servizio che la vegetazione svolge nel mitigare le emissioni di gas serra da parte dell'uomo. Una minor produttività estiva può quindi significare un minor sequestro annuale di CO2 da parte dell'ecosistema.

Fig.1 grafico Fig.1 pascolo

Fig. 1 - A sinistra, andamento dell'indice di verde di un pascolo alpino a 2160 m slm (Torgnon): la linea rossa del 2015 evidenzia bene il forte ingiallimento da luglio in poi, come si può notare anche dall'immagine a destra.

Ciò nonostante, la siccità prolungata fino al tardo inverno 2015 ha portato ad un effetto inaspettato sull'ecosistema, ovvero una riduzione del rilascio invernale di CO2 in atmosfera (rilascio che avviene normalmente in presenza di copertura nevosa e dovuto ai processi di decomposizione microbica). Questa riduzione è spiegata dalla temperatura del suolo mediamente più fredda rispetto alla norma, a causa dell'assenza del manto nevoso, fattore che svolge l'importante ruolo di impedire il congelamento del suolo e consente quindi il mantenimento dell'attività biologica anche durante i mesi invernali. Rispetto all'estate, in inverno si sono dunque osservati effetti apparentemente positivi, ma quali sono le conseguenze sulla fisiologia dell'ecosistema nell'anno successivo? Solo le misure del 2016 potranno svelarcelo.
L'assenza pressochè totale di neve nei mesi invernali è stata registrata anche alle più alte quote su tutto il territorio regionale, fino ai primi mesi del 2016, come mostrato dalle stime dello Snow Water Equivalent (SWE), che consentono di conoscere la quantità totale di acqua presente nella neve. Nel dicembre del 2015, lo SWE ha raggiunto i valori minimi del periodo 2000-2016.

Fig.2 SWE

Fig. 2 - Simulazione dello Snow Water Equivalent (SWE) sul territorio regionale nel periodo 11-18 dicembre 2015.

Considerando il periodo primaverile-estivo, la fusione nivale è avvenuta con molto anticipo nel 2015 e, unitamente alle successive ondate di calore estive, ha contribuito a consumare rapidamente la copertura nevosa sui ghiacciai valdostani, causandone una riduzione della massa paragonabile solo a quella osservata nel 2003 (altro anno estremamente caldo). Il ghiacciaio del Timorion ad esempio mostra nel 2015 una perdita di massa di circa il 15% più elevata rispetto alla media.

Fig.3 bilancio massa

Fig. 3 - Bilancio di massa del ghiacciaio del Timorion. Le barre blu mostrano l'accumulo invernale e quelle gialle la fusione estiva. Il bilancio netto è rappresentato in rosso se il ghiacciaio perde massa (accumulo invernale minore della fusione estiva) o in verde in caso contrario. La linea indica il bilancio cumulato e mostra la massa totale persa dal ghiacciaio dall'inizio delle misure.

Infine, anche le pareti rocciose hanno pagato le conseguenze degli estremi termici del 2015, con un aumento della temperatura superficiale di versanti caratterizati da permafrost. L'esempio delle misure alla vetta del Cervino ci mostra come anche i versanti che normalmente presentano temperature molto fredde, sono stati caratterizzati da un notevole riscaldamento che si è tradotto anche nel superamenteo della soglia degli 0°C per la prima volta da quando si hanno misure, con un conseguente rischio per la stabilità delle pareti e degli ammassi rocciosi.
Questi impatti diffusi pressochè su tutti gli ambienti caratteristici della Valle d'Aosta ci dimostrano come i rischi derivanti dal cambiamento climatico non si manifestino solo nel graduale riscaldamento medio del pianeta, ma soprattutto con il verificarsi sempre più frequente di eventi estremi come quelli osservati nel 2015.

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