Le immagini delle cloudcam (speciali macchine fotografiche che “immortalano” la volta celeste con un obiettivo grandangolare) installate presso le stazioni ARPA di La Thuile (Les Granges) e Saint-Christophe (sede ARPA), pubblicate sul nostro sito, permettono di apprezzare la notevole riduzione dell'irraggiamento solare misurabile a terra durante l'eclissi parziale di sole del 20 marzo 2015. La strumentazione scientifica presente presso l'area esterna dell'ARPA (Fig. 1) e riferibile a standard internazionali, in aggiunta, può offrire una serie di informazioni quantitative a proposito degli effetti dell'eclissi sull'irradianza solare a terra e uno spunto per interessanti considerazioni sull'interazione tra radiazione e atmosfera.

Figura 1. Area di monitoraggio esterna presso la sede ARPA a Saint-Christophe.

Figura 1. Area di monitoraggio esterna presso la sede ARPA a Saint-Christophe.

Innanzitutto, consideriamo i grafici quotidiani delle misure di irradianza, in diverse bande spettrali, registrate a terra il 20 marzo dai radiometri ARPA (due radiometri UV, Fig. 2 e 3, e un piranometro sensibile a tutta la radiazione solare, Fig. 4) e pubblicate sul nostro sito web. Le immagini sono state scaricate dal sito alle ore 16 del 20 marzo, per questo motivo non includono le misure successive a tale ora.

Figura 2. Andamento dell'indice UV nella giornata del 20 marzo 2015.

Figura 2. Andamento dell'indice UV nella giornata del 20 marzo 2015.

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Figura 3. Andamento dell'irradianza solare a terra nella banda UV-A.

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Figura 4. Irradianza solare totale misurata presso la stazione di Saint-Christophe.

L'area colorata (verde, arancione e gialla, rispettivamente) rappresenta la misura effettiva dei tre strumenti, mentre la linea grigia definisce una previsione in caso di cielo sereno ottenuta tramite modelli di trasporto radiativo. La pronunciata ondulazione delle misure e la differenza tra queste e la previsione per cielo sereno sono un chiaro segno della presenza di nubi nella giornata, rappresentata anche con il colore azzurro sullo sfondo del grafico.

Fortunatamente, per la durata dell'eclissi, le nubi si sono parzialmente diradate, permettendo al pubblico di vedere fenomeno e agli strumenti di misurarne gli effetti in modo quasi indisturbato. La misura della radiazione infrarossa “a onda lunga” registrata a terra, cioè la radiazione (invisibile all'occhio umano) emessa dal nostro pianeta e ridiffusa dall'atmosfera per effetto serra, ci offre una chiara rappresentazione dello sviluppo della nuvolosità durante la giornata (Fig. 5).

Figura 5. Grafico dell'irradianza emessa dalla terra e riflessa dall'atmosfera nella banda infrarossa.

Figura 5. Grafico dell'irradianza emessa dalla terra e riflessa dall'atmosfera nella banda infrarossa.

Dalle 9.30 circa alle 12 circa, e dunque circa per tutta la durata dell'eclissi, il grafico mostra un abbassamento dovuto al diradarsi delle nubi (minor radiazione terrestre riflessa dalle nubi verso terra e, perciò, maggiore radiazione dispersa verso lo spazio). La diminuzione osservabile nei primi tre grafici (radiometri solari) e centrata alle ore 10.30 circa non è dunque attribuibile alla schermatura delle nubi, ma è piuttosto l'effetto dell'eclissi. Viceversa, le ulteriori diminuzioni di irradianza visibili nei primi tre grafici correlano bene con l'aumento di radiazione infrarossa e, perciò, di nuvolosità.

L'effetto dell'eclissi sull'irradianza a terra può essere calcolato attraverso il rapporto tra la radiazione effettivamente misurata durante il fenomeno e la radiazione attesa alla stessa ora in un giorno privo di eclissi (o, approssimativamente, dalla media dell'irradianza registrata al primo e al quarto contatto durante l'eclissi). Si osserva, così, che l'irradianza misurata durante l'eclissi è diminuita fino a raggiungere valori minimi del 30% (nella regione spettrale in cui viene misurato indice UV), 32% (in banda UV-A) e 37% (radiazione a onda corta, nell'intero spettro solare) rispetto all'intensità normalmente osservata. Questa diminuzione è, in media, compatibile con la copertura attesa del sole per la città di Aosta (67%). Le differenze - quasi impercettibili - registrate a lunghezze d'onda diverse dello spettro solare, tuttavia, non sono casuali o dettate da errori di misura. Si noti, ad esempio, che l'attenuazione aumenta al diminuire della lunghezza d'onda. Si tratta, piuttosto, di un effetto conosciuto (Svensson, 1958) e causato da un fenomeno noto col nome di “oscuramento al bordo” (limb darkening): non solo l'intensità luminosa proveniente da una stella in prossimità del perimetro del disco visibile è minore rispetto a quella proveniente dal centro della stella, ma lo spettro di emissione è leggermente diverso. Di conseguenza, l'attenuazione provocata da una eclissi sull'irradianza diretta è, seppure debolmente, dipendente dalla lunghezza d'onda. Tale dipendenza viene correttamente individuata dai nostri strumenti.

Inoltre, ai fini del monitoraggio atmosferico tramite tecniche fotometriche (in grado di stimare le concentrazioni di costituenti atmosferici attraverso la misura della radiazione solare), l'eclissi pone alcune problematiche a cui è necessario prestare attenzione.

La prima problematica è ovvia: la riduzione dell'irradianza solare al di fuori dell'atmosfera (irradianza extraterrestre), induce un aumento fittizio della concentrazione degli assorbitori atmosferici (ad esempio, l'aerosol) misurata con tecniche che valutano i valori assoluti dell'irradianza a terra. Un esempio è lo spessore ottico dell'aerosol (AOT), misurato con il fotometro solare POM-02 presso la nostra sede ARPA. Come si può vedere sul sito della rete europea EuroSkyRad, a cui ARPA contribuisce, l'AOD sembra assumere valori decisamente alti durante il 20 marzo. Il responsabile, ovviamente, non è l'aerosol, ma la luna, che copre parte del sole.

Un secondo effetto, decisamente più difficile da spiegare, è l'apparente diminuzione delle concentrazioni colonnari di ozono (Fig. 6) e del biossido d'azoto (non mostrato) ottenute tramite spettrofotometria Brewer.

Figura 6. Andamento dell'ozono colonnare (dal suolo fino alla fine dell'atmosfera) misurato a Saint-Christophe.

Figura 6. Andamento dell'ozono colonnare (dal suolo fino alla fine dell'atmosfera) misurato a Saint-Christophe.

Questi dati non concordano, sia per i tempi sia per le intensità (e il segno, nel caso dell'NO2), con i risultati previsti dalla fotochimica stratosferica, né con gli andamenti di concentrazione registrati al livello del suolo dalle nostre centraline. Questa diminuzione è, ancora una volta, fittizia ed è dovuta a un altro fenomeno interessante osservabile durante un'eclissi di sole (Zerefos, 2000). La parte di radiazione proveniente dal sole (“radiazione diretta”), infatti, diminuisce notevolmente all'aumentare della frazione di sole coperta dalla luna, mentre la parte di radiazione in arrivo dal cielo (“radiazione diffusa”, tanto più forte quanto minore è la lunghezza d'onda, da cui il colore azzurro del cielo) è meno perturbata. I raggi (o, più tecnicamente, i fotoni) che dal cielo vengono diffusi verso terra, infatti, percorrono una “strada” molto più lunga rispetto a quelli in arrivo direttamente dal sole e provengono da punti anche molto distanti dal sito di misura, in particolare da zone meno affette (o non affette del tutto) dall'eclissi. L'aumento relativo della radiazione a basse lunghezze d'onda, solitamente assorbite dall'ozono, viene interpretato dallo strumento come una diminuzione della presenza di ozono in atmosfera.

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