Inverni più corti consentono agli ecosistemi alpini un maggior sequestro annuale di carbonio, ma con ripercussioni sui processi fisiologici delle piante.

Il cambiamento climatico sta causando una riduzione della durata del manto nevoso al suolo nelle Alpi, con frequenti episodi di ampio anticipo delle date di fusione primaverile della neve (snowmelt). In questo contesto, se i cambiamenti graduali possono consentire una progressiva acclimatazione della vegetazione con effetti potenzialmente lievi sui processi fisiologici, gli eventi di tipo estremo possono avere impatti notevoli e al tempo stesso imprevedibili. Gli estremi climatici rappresentano infatti eventi inusuali per gli organismi viventi: ovvero, cambiamenti eccezionali nelle condizioni ambientali possono causare importanti variazioni nelle risposte degli ecosistemi. 

Si stima che le Alpi saranno sempre più frequentemente soggette ad eventi climatici di tipo estremo, riguardanti soprattutto le temperature e le precipitazioni invernali, con importanti ondate di calore che avranno effetti sulla scomparsa precoce della neve (Gobiet et al 2013). Anche se il termine di “ondata di calore” quando riferita all'inverno non corrisponde alla comune percezione, esse sono statisticamente più “estreme” rispetto a quelle estive e hanno importanti impatti sull'ambiente e le attività socio-economiche (Beniston 2012).
In tale contesto è importante comprendere quali siano gli effetti sugli ecosistemi e sui servizi da essi offerti. Il pascolo monitorato a Torgnon ha mostrato una forte riduzione dell'attività fotosintetica in seguito allo snowmelt estremo registrato nella primavera del 2011.

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Fig. 1: Periodo di snowmelt al pascolo di Torgnon. In primo piano, la strumentazione eddy covariance usata per il monitoraggio dei flussi di CO2 tra vegetazione e atmosfera.

Perchè è importante monitorare gli effetti della stagione invernale sugli ecosistemi alpini?

Dal momento che i cambiamenti climatici in corso sono principalmete causati dall'aumento della concentrazione di anidride carbonica (CO2) in atmosfera, una delle più importanti aree di studio attuali nel campo delle scienze ambentali si occupa di comprendere se l'attività fotosintetica delle piante compenserà o meno questo effetto attraverso il sequestro di CO2 e l'immagazinamento di carbonio negli ecosistemi.
La neve ha un'importante ruolo protettivo e garantisce la sopravvivenza di molte specie alpine grazie all'isolamento dalle rigide condizioni invernali. Ciononostante la lunga durata del manto nevoso impone dei limiti allo sviluppo stagionale della vegetazione; gli ecosistemi alpini sono quindi generalmente caratterizzati da una breve stagione di crescita. Una minor durata della neve al suolo, può quindi significare potenzialmente una maggior durata della stagione di crescita e della produttività.
L'influenza che il clima esercita sulla lunghezza della stagione invernale e di conseguenza sulla stagione di crescita delle piante può potenzialmente far convertire un ecosistema da sink (assorbitore) a source (sorgente) di carbonio o viceversa. Conoscere le interazioni tra durata della stagione di crescita e gli scambi di CO2 è fondamentale per comprendere gli impatti sugli ecosistemi, ma anche i feedbacks tra biosfera e clima.

2011: clima estremo in tutta Europa

Nel 2011 l'Europa ha vissuto delle importanti ondate di calore nel tardo inverno, con importanti anomalie termiche (anche di 2.5 °C) soprattutto tra Marzo e Maggio, che hanno reso quella del 2011 la primavera più calda dal 1948. L'aumento delle temperature è iniziato a Marzo e si è stabilizzato intorno ad Aprile, mentre a Maggio i valori di temperatura sono ritornati nella media (Cattiaux et al 2012). Questo evento non ha risparmiato le Alpi, e nel pascolo di Torgnon, dove vengono misurati gli scambi di CO2 è stato osservato lo snowmelt più precoce degli ultimi 65 anni, il quale ha contribuito alla più corta stagione nevosa degli ultimi 83 anni.

Gli effetti sul funzionamento degli ecosistemi

I dati relativi ai flussi di CO2 raccolti mediante la tecnica eddy covariance presso il pascolo di Torgnon sono stati analizzati per rispondere ad un'importante domanda: il sequestro annuale di CO2 dell'ecosistema aumenta in anni caratterizzati da inverni molto corti? La risposta sembra essere affermativa e si può vedere in questo indicatore, ma l'interpretazione delle osservazioni si complica quando si considera la stagione estiva.
Nel 2011 la stagione nevosa è durata due mesi in meno rispetto alla media storica (1928-2010, dati della stazione di Cignana, forniti dal Centro Funzionale della Regione Autonoma Valle d’Aosta ) ed il sequestro annuale di carbonio del pascolo è raddoppiato rispetto ai precedenti anni di monitoraggio (2009-2010). Ciononostante la produttività estiva è rimasta pressochè invariata. Il sequestro annuale di carbonio è infatti il risultato della differenza tra i guadagni estivi, dovuti alla fotosintesi delle piante, e le perdite, ovvero emissioni, invernali dovute alla respirazione di tutto l'ecosistema. Una stagione invernale più corta comporta una riduzione delle emissioni invernali. Un'estate più lunga non ha invece necessariamente effetti positivi sulle piante, e può comportare un tasso produttivo estivo ridotto a causa delle condizioni non favorevoli a cui le piante sono esposte nella primavera precoce. In particolare, in un recente articolo pubblicato su Environmental Research Letters (Galvagno et al 2013) nel suo numero speciale legato agli estremi climatici si riporta che: “durante un anno caratterizzato da una stagione invernale estremamente corta, è stato registrato un aumento del 100% nel sequestro annuale di carbonio da parte del pascolo di Torgnon. Ciononostante questo più ampio sink, è attribuibile alle minori emissioni invernali duranti il corto inverno piuttosto che un aumentata attività della vegetazione durante una più lunga estate”.
Le ragioni per le quali l'attività fotosintetica e la crescita delle piante risultano ridotte durante l'estate del 2011 non sono del tutto chiarite e saranno oggetto di ulteriori indagini. Ciononostante i dati suggeriscono che, sebbene le ondate di calore tardo invernali abbiano causato uno snowmelt precoce, la vegetazione è stata esposta a temperature più fredde, illuminazione inferiore, e minor disponibilità di nutrienti rispetto a quanto accade nel periodo in cui sono mediamente abituate a svilupparsi. Questa condizione ha probabilmente influito sullo sviluppo precoce della vegetazione che non ha più potuto sfruttare le condizioni meteorologiche ottimali estive. E' vero infatti che le piante alpine sono adattate a vivere, crescere e riprodursi in situazioni ambientali rigide, ciononostante, in ambienti dove solitamente la neve permane al suolo a lungo, le piante sono protette dal rigido inverno e sopravvivono grazie alla presenza del manto nevoso e crescono durante le condizioni climatiche più favorevoli. Quando la fusione della neve avviene con anticipo estremo la vegetazione è esposta a condizioni ambientali inusuali e deve acclimatarsi a queste ultime di conseguenza.
In sintesi, secondo gli scenari climatici, variazioni estreme nella quantità e durata del manto nevoso saranno sempre più frequenti. Secondo i dati raccolti, una riduzione notevole della stagione nevosa può contribuire ad aumentare il periodo vegetativo ed il sequestro di carbonio annuale in formazioni erbacee. Ciononostante, le condizioni ambientali insolite a cui la vegetazione viene esposta a causa dello snowmelt anticipato possono avere importanti effetti sulla crescita delle piante e sul tasso di produttività estiva.

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Fig. 2: Lariceto durante la fase di snowmelt

Il lavoro svolto pone le basi per nuove domande in questo campo, alle quali verrà data particolare attenzione nei prossimi anni di studio: “I processi fotosintetici della vegetazione risentiranno degli estremi del 2011 anche nei successivi anni, con una riduzione dei tassi di crescita estiva, anche quando la stagione invernale avrà una durata che rientra nella media? Quale potrebbe essere l'effetto sulle capacità di sequestro di CO2 da parte degli ecosistemi, qualora eventi estremi come quello del 2011 fossero sempre più frequenti? Gli effetti sugli ecosistemi forestali rispecchiano le dinamiche osservate in ambiente pascolivo?”

Bibliografia

Beniston, M. (2012). Impacts of climatic change on water and associated economic activities in the Swiss Alps. Journal of Hydrology

Cattiaux J. (2012) Contribution of atmospheric circulation to remarkable european temperatures of 2011 . In: “Explaining extreme events of 2011 from a climate perspective” Peterson T.C., Stott P.A. and Herring S., Editors. American Meteorological Society

Galvagno, M., Wohlfahrt, G., Cremonese, E., Rossini, M., Colombo, R., Filippa, G., Migliavacca, M. (2013). Phenology and carbon dioxide source/sink strength of a subalpine grassland in response to an exceptionally short snow season. Environmental Research Letters, 8(2), 025008.

Gobiet, A., Kotlarski, S., Beniston, M., Heinrich, G., Rajczak, J., & Stoffel, M. (2013). 21st century climate change in the European Alps - A review. Science of The Total Environment

 

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