La principale via di esposizione alle fibre di amianto avviene attraverso l’apparato respiratorio, cioè quando le fibre sono inalate. Le esposizioni alle fibre possono essere di tipo professionale oppure non occupazionale.

L’inalazione delle fibre di amianto può causare malattie molto gravi. Quando le esposizioni sono elevate possono insorgere l’asbestosi ed il tumore polmonare; nel caso, invece, di basse esposizioni si può manifestare il mesotelioma, un tumore maligno raro nella popolazione non esposta all’amianto.

Lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato tutti i tipi di asbesto come sostanze cancerogene per l’uomo (Gruppo 1). Tuttavia in natura esistono anche altri minerali fibrosi la cui patogenicità è ancora sconosciuta, ad eccezione dell’erionite (un minerale della famiglia delle zeoliti, che lo IARC ha classificato nel 1987 come agente cancerogeno umano) e della fluoro-edenite (che lo IARC ha classificato nel Gruppo 1 nel 2014).

Dal punto di vista fisico-sanitario l’apparato respiratorio è stato suddiviso in tre regioni :

  1. nasofaringea;
  2. tracheo-bronchiale;
  3. degli scambi gassosi.

Ogni regione ha meccanismi di deposizione, clearance (depurazione) e ritenzione differenti.

L’aria entra attraverso la bocca e il naso che comunicano con la faringe, la laringe e la trachea. Quest’ultima comunica con i bronchi. Questi, a loro volta, si suddividono in rami sempre più piccoli, fino ai bronchioli con un diametro inferiore a mezzo millimetro. Ogni bronchiolo termina in un atrio e in diversi alveoli, ovvero sacchi d’aria terminali con una forma simile ad un grappolo d’uva.

Le prime due regioni (nasofaringea e tracheobronchiale) costituiscono assieme lo spazio anatomico dell’apparato respiratorio che comprende tutta l’area epiteliale che è ciliata e ricoperta di muco. Le cellule ciliate hanno la funzione  di portare  verso l’esterno il muco prodotto dalle ghiandole mucose e con questo tutte le particelle inquinanti in esso intrappolate. La terza regione (degli scambi gassosi), è costituita, invece, di epitelio unificato senza quegli elementi secretori caratteristici del tratto tracheobronchiale. A questa regione appartengono gli alveoli polmonari.

alveoli polmonariLa regione di deposizione dipende dalle proprietà aerodinamiche delle particelle (usualmente descritte in termini di diametro aerodinamico), dalle dimensioni delle vie aeree e dai parametri respiratori, come la frequenza respiratoria e la capacità polmonare.

Le particelle con diametro superiore a 10 micron sono, nella quasi totalità, trattenute dalla mucosa nasale e da quella delle prime vie respiratorie.

La particelle comprese tra i 5 e i 10 micron raggiungono la trachea, i bronchi e i bronchioli depositandosi sulla mucosa. Quindi vengono espulse insieme al muco spinto verso l’alto dal movimento delle ciglia vibratili dell’epitelio che riveste il tratto respiratorio al di sotto della laringe. Queste particelle, una volta raggiunta la laringe, possono essere inghiottite o espettorate.

Le particelle comprese tra 0.5 e 5 micron raggiungono gli alveoli e vengono eliminate lentamente e parzialmente. Quelle più piccole di 0.5 micron non si depositano e vengono eliminate con l’espirazione. La depurazione alveolare è effettuata da cellule dette macrofagi provenienti dalla parete alveolare. Essi affollano l’alveolo e inglobano le particelle (fagocitosi) trasportandole poi fino al bronchiolo terminale dove vengono eliminate col muco spinte verso l’alto dalle ciglia vibratili o dalla tosse.

Quando il meccanismo di depurazione alveolare è saturo, cioè insufficiente ad allontanare tutte le particelle di polvere penetrate nell’organismo, queste attraverso la parete a livello del bronchiolo alveolare, possono penetrare nel sistema linfatico provocando l’ingrossamento delle linfoghiandole polmonari.

Le fibre biologicamente più importanti (maggiormente patogene) sono quelle “respirabili”, cioè le fibre lunghe e sottili, indipendentemente dalla loro natura, secondo l’ipotesi di Stanton basata solo su aspetti puramente fisico-meccanici.

La struttura interna dei minerali d’asbesto è tale che da ogni fascio di fibre si possono ottenere fibre più fini (cioè della stessa lunghezza ma di diametro più piccolo). Per questa caratteristica l’amianto si differenzia dai materiali fibrosi artificiali, come la lana di vetro o di roccia, che tendono invece a frammentarsi mediante rotture trasversali. Per dare un’idea il diametro medio di un capello umano è di 100 micron, quello di una singola fibrilla di crisotilo è 4000 volte più piccolo. Inoltre le fibre di amianto possono adsorbire sulla loro superficie gas e vapori.

morfologia dellhabitus asbestiforme bis

morfologia dellhabitus non asbestiforme tris
Oltre alla forma fibrosa esistono altri fattori chimico-fisici che concorrono a determinare la patogenicità delle fibre di amianto come la biopersitenza, la composizione mineralogica, la composizione chimica del minerale e la reattività superficiale. Anche le fibre minerali artificiali non possono essere considerate intrinsecamente sicure. Possiamo però scagionare una parte di queste fibre se manca il requisito fondamentale della “respirabilità”.

Le condizioni di lavoro dal 1800 ad oggi sono molto cambiate. L’industria ha subito profonde modificazioni e sono state via via introdotte leggi e norme con l’obiettivo di difendere la salute dei lavoratori. Agli inizi del XX secolo le condizioni di lavoro erano pessime e gli operai e i minatori potevano essere esposti anche ad elevate concentrazioni di fibre.  Le fibre lunghe e sottili, invisibili ad occhio nudo, penetravano nell’organismo attraverso l’apparato respiratorio raggiungendo gli alveoli polmonari. Tuttavia le prime rivendicazioni sindacali concernevano migliori condizioni lavorative e salari più alti, segno che i lavoratori non erano ancora consapevoli dei gravi rischi per la salute che stavano correndo. Inoltre, i primi decessi furono scambiati per tisi. Il primo caso certo di una malattia causata dall’accumulo di fibre di amianto nei polmoni (l’asbestosi) risale agli inizi del ‘900. Ci volle, infatti, molto tempo per dimostrare il nesso tra l’esposizione alle fibre di amianto e queste malattie, anche a causa del loro lungo tempo di latenza. Ma mentre gli infortuni sul lavoro sono, in genere, facilmente riconoscibili come tali, ben diverso è stato il caso delle malattie professionali che richiedono, per il loro riconoscimento, un’attività diagnostica attenta, mirata e spesso complessa. Però anche dopo che fu dimostrata la pericolosità per la salute dell’amianto le lobby e i produttori senza scrupoli continuarono ad impiegarlo, per non rinunciare ai profitti, ostacolando la divulgazione dei dati scientifici. Ad esempio, alcune industrie hanno fatto ritardare di ben quindici anni la pubblicazione di una serie di dati sperimentali sull’alta incidenza di tumori polmonari in topi che avevano inalato fibre di amianto.

L’art. 32 della Costituzione Italiana afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo, ma fu solo nel 1992, in ritardo rispetto alle evidenze mediche ed epidemiologiche, che in Italia l’amianto venne messo al bando, con l’entrata in vigore della Legge n°257 (“Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”).

Ma cos’è la salute? La salute non è solo l’assenza di malattia; la salute è, invece, una condizione di benessere fisico, psichico, sociale e ambientale. Quindi, quando si parla di salute, non ci si riferisce solo al corpo dell’uomo, ma anche alla sua mente ed alla sua vita di relazione, cioè al suo vivere nella società.

Nell’ambito della Sanità Pubblica è maturato sempre più chiaramente l’orientamento a privilegiare gli aspetti di prevenzione primaria, cioè a individuare e contrastare alla radice le cause di morbosità e mortalità. Naturalmente si possono prevenire soltanto quei danni di cui si conosce la causa.

Anche la prevenzione secondaria, come la diagnosi precoce, può salvare vite umane nel caso di malattie di tipo neoplastico. Fra i Registri di patologia particolare importanza assumono i Registri dei tumori (in questo contesto il Registro dei mesoteliomi) che individuano i casi di malattia neoplastica raccogliendo ed elaborando informazioni relative agli individui (età, sesso, anamnesi lavorativa, ecc.) e alla patologia (sede del tumore, tipo istologico, ecc.). I Registri dei tumori sono utili strumenti per la programmazione sanitaria, permettendo l’identificazione di priorità d’intervento.

Nel caso di esposizione a fibre di amianto le patologie non neoplastiche comprendono l’asbestosi, il versamento pleurico benigno, gli ispessimenti pleurici e le placche pleuriche. L’asbestosi è una pneumoconiosi dose-dipendente di tipo esponenziale. La prevalenza della fibrosi appare più elevata nei fumatori. Come per la silicosi anche nell’asbestosi il macrofago alveolare sembra esercitare un ruolo fondamentale nell’avvio del processo fibrogeno. Sono presenti, all’esame autoptico, i cosiddetti “corpuscoli dell’asbesto” nel polmone post-mortem o nell’escreato, dovuti all’inglobamento delle fibre da parte di uno o più macrofagi. Il sintomo principale dell’asbestosi è la dispnea, presente prima sotto sforzo, quindi anche a riposo, che compare quando il quadro funzionale è già alterato. Tosse secca e dolori toracici mal definiti sono anch’essi segni di uno stato avanzato della fibrosi. La radiografia del torace e le prove di funzionalità respiratoria (come la spirometria) sono di importanza fondamentale ai fini diagnostici.

Per quanto riguarda il  carcinoma polmonare da asbesto le caratteristiche anatomo-cliniche di questo tumore non differiscono da quelle delle neoplasie indotte da altre cause o da causa non nota. Per quanto concerne l’effetto della dose in quasi tutti gli studi epidemiologici emerge con chiarezza l’esistenza di una relazione dose-risposta, prevalentemente di tipo lineare. Tra il crisotilo e gli anfiboli non emergono sostanziali differenze nel potenziale oncogeno per quanto riguarda il carcinoma polmonare. Si ha, tuttavia, un effetto sinergico fra il fumo di sigaretta ed esposizione ad amianto nel determinare l’insorgenza di neoplasia polmonare. Il fumo di sigaretta da solo incrementa di circa 11 volte il rischio di neoplasia polmonare, mentre l’esposizione ad amianto in lavoratori non fumatori incrementa il rischio di circa 5 volte. Se i due effetti fossero meramente additivi si dovrebbe avere nei lavoratori fumatori esposti un incremento di rischio di 16 volte mentre è stato osservato un incremento di 55 volte, a dimostrazione di un effetto moltiplicativo della combinazione dei due agenti.

Infine, le membrane sierose che rivestono i polmoni (pleura) e gli organi addominali (peritoneo) ospitano il tumore caratteristico dell’esposizione all’asbesto. La neoplasia pleurica o peritoneale, denominata mesotelioma, è molto rara nella popolazione generale (da 1 a 10 casi per milione all’anno). L’esordio e l’andamento clinico del mesotelioma pleurico sono subdoli. I sintomi sono rappresentati da dolore toracico progressivamente crescente o da dispnea in caso di versamento pleurico cospicuo. Con l’evoluzione della malattia si ha il coinvolgimento completo della parte toracica. Nella localizzazione peritoneale l’esordio è più sfumato, con sintomi mal definiti e scarsa presenza di dolore. Solo nelle fasi più avanzate si ha l’ascite e la sindrome da occlusione per interessamento degli organi viscerali. Per entrambe le localizzazioni la prognosi è sempre infausta, con una sopravvivenza solo parzialmente condizionata dai vari protocolli terapeutici, perlopiù mirati al controllo del dolore e della dispnea, e mediamente situabile intorno a 16 mesi per la localizzazione pleurica e 12 mesi per quella peritoneale. Nel 1960 si è avuta la prima segnalazione di mesotelioma nei minatori di crocidolite sudafricana. Non tutti gli asbesti producono, tuttavia, uguali effetti. Nonostante la capacità del crisotilo di indurre mesoteliomi pleurici è opinione prevalente che questa neoplasia si manifesti quale malattia caratteristica dell’esposizione a crocidolite e amosite. Ciò sembra dipendere da vari fattori: la morfologia di queste fibre, rigide e rettilinee, che ne facilita la migrazione verso la pleura, e la biopersistenza. Sono stati descritti anche casi di mesoteliomi negli esposti a fibre di tremolite (asbesto non commerciale), presente in alcuni tipi di rocce e giacimenti. I dati disponibili sull’andamento temporale dell’incidenza dimostrano che il rischio di insorgenza del mesotelioma aumenta in funzione del tempo intercorso dall’inizio dell’esposizione, indipendentemente dal fatto che l’esposizione sia o meno cessata nel tempo.  Ciò è in contrasto con l’andamento del carcinoma polmonare da asbesto e pone l’accento sul maggiore rischio di contrarre la neoplasia per i soggetti esposti in giovane età. Nonostante sia possibile ipotizzare una relazione quasi lineare fra l’entità dell’esposizione ed il rischio di sviluppare la neoplasia la dose efficace può essere minima e sostanzialmente inferiore a quella necessaria per l’insorgenza del tumore polmonare. A sostegno di ciò esistono numerosi casi che derivano da una esposizione indiretta, quali la residenza in prossimità di giacimenti di amianto e di fabbriche utilizzatrici di asbesto, o nei familiari che lavavano le tute degli operai che lavoravano nelle fabbriche di Eternit. In ogni caso sembrerebbe che la dipendenza temporale, a partire dall’inizio dell’esposizione, abbia un effetto molto più importante rispetto alla dose.

Al giorno d’oggi è raro che si verifichino le elevate esposizioni del passato ed il tema di maggiore attualità è quello relativo alle basse esposizioni, che possono verificarsi negli ambienti di vita: in questo caso la stima del rischio è ancora più difficile rispetto agli ambienti di lavoro e alle elevate esposizioni. La relazione quantitativa tra dose e risposta, abbastanza ben dimostrata per l’asbestosi e il tumore del polmone (e quindi nel caso delle alte esposizioni), potrebbe non essere applicabile tout court alle basse esposizioni e al mesotelioma, dove accanto a dosi anche molto basse e lontane nel tempo potrebbero intervenire con forza fattori genetici individuali con effetti tuttora non prevedibili e non prevenibili.

Fino a questo punto abbiamo considerato soltanto l’inalazione delle fibre di amianto, ma cosa possiamo dire quando le fibre di amianto sono ingerite? Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità “Gli studi epidemiologici sulle popolazioni le cui sorgenti di approvvigionamento d’acqua contengono forti tenori di amianto non mostrano alcuna prova seria che l’amianto ingerito sia cancerogeno” (Guidelines for Drinking Water Quality. World Health Organization Report, 1993.). Tuttavia i dati epidemiologici e tossicologici disponibili sui rischi gastrointestinali derivanti dall’ingestione delle fibre di amianto sono controversi e impongono prudenza poiché alcuni di questi studi riportano associazioni positive. La presenza di fibre di amianto nell’acqua può avere un’origine sia naturale, che antropica (ad esempio, nell’acqua dell’acquedotto che viene distribuita attraverso tubazioni di Eternit). Inoltre non bisogna dimenticarsi delle fibre presenti nell’acqua poiché esse rappresentano una possibile sorgente secondaria di fibre nell’aria.

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