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Rapporto Stato Ambiente

RSA

Contenuti della sezione corrente
TER_INF_003 - Densità degli impianti di trasmissione radiotelevisiva e di telefonia mobile sul territorio

Presentazione

Descrizione

L’indicatore descrive la presenza sul territorio delle infrastrutture di trasmissione radiotelevisiva e di telefonia mobile sia in termini quantitativi sia in riferimento alla loro distribuzione sul territorio.

Messaggio chiave

Il passaggio dalla tecnologia televisiva analogica a quella digitale per gli impianti radiotelevisivi, avvenuto nel biennio 2010-2011, ha portato ad una leggera diminuzione del numero degli impianti. Dal 2012 la crescita è ripresa per la realizzazione di nuovi impianti che utilizzano le frequenze lasciate libere dal passaggio al digitale fino ad una stabilizzazione negli ultimi anni anche se con leggero trend in diminuzione. Il passaggio al nuovo digitale DVBT2 previsto a partire dall'anno 2021 ha bloccato tale tendenza e si prevede un leggero aumento quando tale passaggio sarà terminato.

Il numero di impianti per telefonia cellulare ha visto una crescita costante negli anni soprattutto per l'introduzione di nuove tecnologie per l'accesso in banda larga, negli ultimi anni ha subito un rallentamento dovuto principalmente all'avvenuta copertura di tutto il territorio. Dall'anno 2020 la rete ha cominiciato una nuova trasformazione dovuta all'introduzione della nuova tecnologia 5G che non ha però ancora fornito variazioni sostanziali nel numero di postazioni.

Obiettivo

L’indicatore fornisce informazioni al fine di:

  • Quantificare il numero di strutture connesse ad impianti di trasmissione di segnali radio presenti sul territorio regionale.
  • Suddividerli per tipologia rapportandone il numero sia alla superficie della regione sia al numero di abitanti.
  • Confrontare il dato della Valle d’Aosta con le informazioni delle altre regioni italiane.

Questi dati fanno fronte ad una esigenza di informazione emersa dalla popolazione italiana alla fine del secolo scorso, nel momento della nascita delle grandi reti di telefonia cellulare, in seguito agli allarmi su possibili effetti dannosi per la salute dei campi elettromagnetici generati da impianti di radio-telecomunicazione. La risposta a tale istanza venuta dal governo nazionale e a seguire dalle amministrazioni locali è stata l’introduzione di norme che prevedono il catasto delle sorgenti, l’introduzione di limiti all’esposizione e la verifica del loro rispetto. L’indicatore propone in forma sintetica alcuni dei contenuti del catasto delle sorgenti.

Ruolo di Arpa

E' istituito dalla Regione il catasto delle stazioni radioelettriche in cui gli enti locali inseriscono le informazioni territoriali e amministrative, mentre l’Agenzia inserisce i dati tecnici forniti dagli operatori.

Classificazione

Area tematica SINAnet

Radiazioni non ionizzanti.

Tema SINAnet

Campi elettromagnetici

DPSIR

D

Determinanti - Pressioni - Stato - Impatto - Risposte

Valutazione

Stato

Vedere i commenti ai dati

Tendenza

Vedere i commenti ai dati

Informazione sui dati

Qualità dell'informazione

Rilevanza

Accuratezza

Comparabilità nel tempo

Comparabilità nello spazio

2 1 1 1

Si è dato un punteggio medio alla rilevanza perché la pressione sull’ambiente è data dalla potenza e non dal numero degli impianti: il numero degli impianti è comunque un indicatore indiretto. Per quanto riguarda l’accuratezza si attribuisce un valore alto in quanto l’indicatore è stato costruito partendo dai dati forniti direttamente dai gestori degli impianti e caricati sul catasto delle sorgenti. Le modalità di costruzione dell’indicatore sono ripetibili nel tempo. La comparabilità nello spazio risulta elevata perché lo stesso dato è fornito da tulle le agenzie d’Italia per popolare l’Osservatorio CEM di ISPRA.

Proprietà del dato

Dati forniti ad ARPA dai gestori degli impianti

Periodicità di aggiornamento

Aggiornamento continuo

Data di aggiornamento

31/12/2022

Copertura temporale

Dal 2001

Copertura territoriale

L'attività svolta dall'ARPA in questo ambito è estesa in modo omogeneo a tutta la regione.

Riferimenti

Inquadramento normativo

  • l. 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), articolo 4, comma 1
  • l.r. 4 novembre 2005, n. 25 (Disciplina per l'installazione, la localizzazione e l'esercizio di stazioni radioelettriche e di strutture di radiotelecomunicazioni.
  • Modificazioni alla l.r. 6 aprile 1998, n. 11 (Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta), e abrogazione della legge regionale 21 agosto 2000, n. 31), articolo 16.

Relazione con la normativa

La quantificazione dell’indicatore deriva dall’istituzione dei Catasti regionali degli impianti.

Livelli di riferimento

Non applicabile

Indicatori analoghi presenti in altre relazioni

Lo stesso indicatore, con valenza nazionale, è presentato sull’annuario dei dati ambientali redatto da ISPRA e, con valenza regionale, nelle relazioni stato ambiente delle altre regioni italiane.

Presentazione e analisi

DISTRIBUZIONE DELLE POSTAZIONI SUL TERRITORIO REGIONALE

distribuzione postazioni territorio 2021

L’immagine è riportata a titolo di esempio, considerato che la scala di rappresentazione non consente di visualizzare tutte le postazioni. Il Sistema Informativo Radiotelecomunicazioni Valle d’Aosta (SIRVA) utilizzato da ARPA ed enti locali si connette al Geo-portale regionale consentendo di ampliare il dettaglio fino alla visualizzazione puntuale di ogni postazione.

In verde le postazioni accese, in rosso quelle dismesse e in arancione quelle autorizzate ma non accora attivate.

NUMERO DI POSTAZIONI ESISTENTI NEGLI ANNI

 numero postazioni negli anni 1222

NUMERO IMPIANTI ESISTENTI / 10000 ABITANTI

Confronto con altre regioni e/o provincie: dati ricavati dall'Annuaro ambientale ISPRA 2022 relativo all'anno 2021

 num imp per 10000 ab 1222

NUMERO IMPIANTI ESISTENTI /100 km2

Confronto con altre regioni e/o provincie: dati ricavati dall'Annuaro ambientale ISPRA 2022 relativo all'anno 2021

 num imp per 100km2 1222

COMMENTI

Il passaggio dalla tecnologia televisiva analogica a quella digitale (DVB-T) avvenuto nel biennio 2010-2011 ha comportato una riduzione nel numero di impianti, lasciando libere frequenze: nel corso del 2012 è iniziato un percorso di riutilizzo di tale risorsa con l'attivazioni di nuovi impianti che ha portato ad un aumento di circa il 10% del loro numero. Nel lungo periodo, il numero di impianti televisivi non sarà molto diverso da quello del periodo della tv analogica. Nell'anno 2021 è cominciato il passaggio al nuovo digitale DVBT2.

Per la telefonia cellulare, si sono oramai consolidate le reti con l'implementazione della quarta generazione, il servizio LTE che offre una migliore copertura per le connessioni ad Internet in banda larga. Dopo un continuo e costante aumento di impianti per la telefonia mobile, o la modifica di quelli esistenti, negli anni precedenti, dal 2017 si evidenzia un deciso rallentamento di tale tendenza. L'installazione della nuova tecnologia 5G sta continuando, c'è quindi un leggero aumento delle postazioni, non ancora significativo perchè la nuova tecnologia per ora viene installata nella macrorete già esistenti.

Il confronto con la densità di impianti per abitante o per superficie con altre regioni italiane mantiene gli andamenti già fatti registrare nel passato sia per la telefonia cellulare sia per gli impianti radiotelevisivi.

Risulta complesso valutare lo stato per questo indicatore perché, da una parte, non esistono, ovviamente, limiti normativi, dall’altra, anche il confronto con altre regioni risulta non agevole perché la Valle d’Aosta ha caratteristiche peculiari che incidono sul numero e la potenza degli impianti di telecomunicazione necessari per coprire tutto il territorio e garantire il servizio su piste da sci e aree di alta quota:

  • densità abitativa bassa nel suo insieme ma con popolazione concentrata nelle zone del territorio a quote inferiori
  • conformazione orografica molto complessa che rende difficoltosa la copertura radio
  • grandi flussi turistici in aree non antropizzate

Si nota ad esempio un numero di impianti per telefonia cellulare alto se riferito alla popolazione residente, ma in linea con il dato della provincia di Bolzano se riferita all’estensione del territorio.

ENER_002 - Emissioni di gas climalteranti o a effetto serra

Presentazione

Descrizione

L’indicatore rappresenta la stima delle emissioni regionali di gas climalteranti, della loro distribuzione spaziale ed evoluzione temporale e dei contributi delle diverse tipologie di sorgente. Rispetto alle altre sostanze di cui vengono calcolate le emissioni in atmosfera, per i gas serra, ed in particolare l'anidride carbonica, sono calcolati anche gli assorbimenti dovuti all'attività vegetale che vanno sottratti alle emissioni antropiche.

Messaggio chiave

Le emissioni di  metano e protossido d’azoto sono particolarmente legate all’attività di allevamento del bestiame, molto sviluppata in Valle d’Aosta, mentre quelle di anidride carbonica vengono prodotte principalmente da trasporti e riscaldamento domestico. L’andamento di tali emissioni registra un trend piuttosto stabile negli ultimi anni. 

Obiettivo

L’obiettivo degli indicatori inerenti alle emissioni dei diversi inquinanti considerati è stimare, a partire dai dati relativi alle sorgenti locali (posizione geografica ed entità delle emissioni), le quantità di sostanza emessa annualmente (in tonnellate/anno) sia sull’intero territorio regionale sia su riquadri di 500 m di lato e confrontarne il quantitativo procapite in Valle d’Aosta con il dato nazionale.  
I principali gas climalteranti sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) ed il protossido d’azoto (N2O).
L’attenzione generale verso la presenza in atmosfera dei gas responsabili dell’effetto serra è cresciuta enormemente nell’ultimo decennio, in relazione alle variazioni e alla rapidità degli aumenti della temperatura media in molte zone della superficie terrestre, ai conseguenti effetti di variazione sul clima e agli impatti conseguenti sull’ambiente e territorio. L’energia radiante proveniente dal sole viene in parte assorbita dalla superficie terrestre ed in parte riemessa verso l’alto sotto forma di radiazioni infrarosse (radiazioni termiche); una notevole parte di queste radiazioni viene assorbita e poi nuovamente emessa verso la terra dalle molecole dei gas serra presenti nell’atmosfera; il fenomeno è del tutto naturale e chiamato “effetto serra”, termine con cui viene definito il ruolo svolto dall’atmosfera nel processo di riscaldamento della superficie.
Quando le emissioni di queste tre sostanze sono sommate per esprimere la globalità delle emissioni di gas serra, esse vengono “pesate” a seconda del loro “Global Warming Potential” (GWP, potenziale di riscaldamento globale), che rappresenta l'effetto combinato del tempo di permanenza in atmosfera di ogni gas e la relativa efficacia specifica nell'assorbimento della radiazione infrarossa emessa dalla Terra, è una misura di quanto un dato gas serra contribuisca al riscaldamento globale rispetto alla CO2. 

I GWP per i gas serra riportati nell’Inventario Regionale sono:

Sostanza GWP
CO2 1
CH4 28
N2O 265

Le fonti di emissione sono il riscaldamento domestico, i trasporti e l’allevamento.

Ruolo di Arpa

ARPA Valle d'Aosta è responsabile della gestione dell'Inventario regionale delle emissioni inquinanti in aria, i cui dati sono utilizzati per la compilazione del presente indicatore. 

Classificazione

Area tematica SINAnet

Energia

Tema SINAnet

Energia

DPSIR

P

Determinanti - Pressioni - Stato - Impatto - Risposte

Valutazione

Stato

n.a.

Tendenza

stabile 

Informazione sui dati

Qualità dell'informazione

Rilevanza

Accuratezza

Comparabilità nel tempo

Comparabilità nello spazio

1 2 2 2

 

Proprietà del dato

ARPA Valle d'Aosta

Periodicità di aggiornamento

Annuale

Data di aggiornamento

31/12/2022

Copertura temporale

Dal 2000

Copertura territoriale

L’informazione derivante dal presente indicatore riguarda tutta la regione. 

Riferimenti

Inquadramento normativo

  • l. 1 giugno 2002, n. 120 (Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, siglato a Kyoto l’11 dicembre 1997).
  • l. 15 gennaio 1994, n. 65 (Ratifica Convenzione Quadro UE su cambiamenti climatici).
  • l.r. 30 gennaio 2007, n. 2 (Disposizioni in materia di tutela dall'inquinamento atmosferico ed approvazione del Piano regionale per il risanamento, il miglioramento ed il mantenimento della qualità dell'aria per gli anni 2007/2015).

Relazione con la normativa

La quantificazione dell’indicatore è necessaria per il sistema di valutazione integrata della qualità dell’aria, richiesto dalla normativa. Essa discende inoltre da richieste di riduzione delle emissioni contenute in accordi internazionali ed è esplicitamente prevista dal Piano regionale per il risanamento, il miglioramento e il mantenimento della qualità dell’aria (legge regionale 2/2007): “QA2.c – Aggiornamento dell’inventario delle emissioni”.

Livelli di riferimento

Riduzione delle emissioni di CO2 del 20% al 2020.

Indicatori analoghi presenti in altre relazioni

Lo stesso indicatore, con valenza nazionale, è presentato sull’annuario dei dati ambientali redatto da ISPRA e con valenza regionale nelle relazioni stato ambiente delle altre regioni italiane.

Presentazione e analisi

L’informazione, rappresentata nelle mappe seguenti a scopo indicativo su scala regionale, può essere, ovviamente, letta su scala ridotta in modo da approfondire la conoscenza locale.

QUANTITA’ TOTALI ANNUE DI CH4 EMESSE NEL 2022 RIFERITE A MAGLIE DI TERRITORIO DI 500 metri DI LATO 

emissioni ch4 2022 1223

QUANTITA’ TOTALI ANNUE DI N2O EMESSE NEL 2022 RIFERITE A MAGLIE DI TERRITORIO DI 500 metri DI LATO

emissioni n2o 2022 1223

QUANTITA’ TOTALI ANNUE DI CO2 EMESSE O ASSORBITE NEL 2022 RIFERITE A MAGLIE DI TERRITORIO DI 500 metri DI LATO

 emissioni co2 2022 1223

Per la CO2 vengono stimate non solo le emissioni, ma anche gli assorbimenti da parte della vegetazione (valori negativi segnati in verde).

STIMA DELLE QUANTITA’ DI CO2 TOTALI E PER SETTORE EMESSE NEL PERIODO 2018-2022

trend co2 2022 1223

STIMA DELLE QUANTITA’ DI GAS SERRA TOTALI E PER SETTORE EMESSE NEL PERIODO 2018-2022

trend ghg 2022 1223

EMISSIONI STIMATE PER IL 2022 - CO2

Settore tonn/anno percentuale
Trasporti 246.576 34%
Riscaldamento domestico 388.622 46%
Industria 143.684 19%
Altre sorgenti 11.481  1%
Totale 790.363  
Assorbimento forestale -843.747  
Totale al netto degli assorbimenti -53.383  

 

EMISSIONI STIMATE PER IL 2022 - CH4

Settore tonn/anno percentuale
Riscaldamento domestico 539 9%
Gestione combustibili 323 5%
Agricoltura e allevamento 3.077 48%
Gestione rifiuti 2.342 37%
Altre sorgenti 70 1%
Totale 6.351  

 

EMISSIONI STIMATE PER IL 2022 - N2O

Settore tonn/anno percentuale
Trasporti 21 11%
Riscaldamento domestico 9 5%
Agricoltura e allevamento 184 83%
Altre sorgenti

4

1%
Totale 218  

 

EMISSIONI STIMATE PER IL 2022 - totale Gas Serra

Settore tonn/anno percentuale
Trasporti 253.407 24%
Riscaldamento domestico 406.127 40%
Industria 144.612 14%
Agricoltura e allevamento 135.011  13%
Altre sorgenti 86.871 9%
Totale 1.026.028  
Assorbimento forestale -843.747  
Totale al netto degli assorbimenti 182.281  

 

EMISSIONI PRO CAPITE
Confronto con dato nazionale

  CO2 GAS SERRA
  tonnellate emesse pro capite
Italia 6 7
Valle d'Aosta 6 8

 

INCIDENZA DELLE SORGENTI EMISSIVE
Confronto con dati nazionali

vda naz co2 2022 1223

vda naz ghg 2022 1223

Le emissioni totali di metano (CH4) e di protossido d'azoto (N2O) sono attribuite essenzialmente ai settori dell’allevamento ed hanno variazioni nel corso degli anni legati in particolare all'andamento degli assorbimenti da parte della vegetazione che sono molto dipendenti dal clima registrato.

L’anidride carbonica (CO2), che è anche un componente naturale dell’atmosfera, è principalmente emessa dai trasporti e dal riscaldamento residenziale. Tale sostanza, rispetto alle altre esaminate nell’inventario regionale, presenta anche un termine di assorbimento dovuto al ciclo fotosintetico delle piante legato ai boschi, ai pascoli e ai terreni agricoli che per il 2022 risulta preponderante rispetto alle emissioni.

La distribuzione sul territorio regionale delle emissioni di gas climalteranti è generalmente correlata alle attività antropiche ed è quindi concentrata soprattutto nella valle centrale. Per l’anidride carbonica si evidenzia la vasta area di assorbimento, corrispondente con la presenza di boschi. L’assorbimento supera del 7% le emissioni complessive.

Le emissioni pro capite di CO2 sono uguali alla media nazionale mentre quelle di gas serra risultano di poco inferiori. Per quanto riguarda l’incidenza delle sorgenti emissive, si evidenzia, confrontando col livello nazionale, la preponderanza del settore IPCC "energia" (riscaldamento e trasporti) per entrambi i territori, la maggior importanza dell'industria a scala italiana e quella dell'allevamento a scala valdostana.

FLU_EM_002 - Composizione del parco veicolare circolante

Presentazione

Descrizione

Gli impatti ambientali del traffico autoveicolare sono determinati in modo rilevante, oltre che dai volumi complessivi considerati nell’indicatore precedente, anche dalla modernità del parco circolante. Questa viene valutata rispetto alla classificazione derivante da Direttive europee, in continuo aggiornamento.

Messaggio chiave

I parchi veicolari circolanti in Valle d’Aosta risultano avere un buon livello di rinnovo per le classi motoristiche a minor inquinamento, in particolare per i veicoli leggeri del parco locale e per quelli pesanti transitanti in autostrada.

Obiettivo

Conoscere il parco veicolare circolante nella Regione permette di meglio stimare le emissioni di inquinanti in atmosfera prodotte dai trasporti su strada sia locali che transfrontalieri.

Ruolo di Arpa

ARPA riceve dagli enti gestori i dati, li elabora per l'aggiornamento dell'Inventario regionale delle emissioni e li archivia.

Classificazione

Area tematica SINAnet

Trasporti

Tema SINAnet

Trasporti

DPSIR

D

Determinanti - Pressioni - Stato - Impatto - Risposte

Valutazione

Stato

Non applicabile

Tendenza

miglioramento

Informazione sui dati

Qualità dell'informazione

Rilevanza

Accuratezza

Comparabilità nel tempo

Comparabilità nello spazio

1 2 1 1

 

Proprietà del dato

ACI Valle d’Aosta e GEIE-TMB.

Periodicità di aggiornamento

Annuale

Data di aggiornamento

31/12/2022

Copertura temporale

Dal 2000

Copertura territoriale

Tutta la regione.

Riferimenti

Inquadramento normativo

Normativa europea reperibile in formato pdf all’indirizzo internet http://eur-lex.europa.eu/
EURO 1 (immatricolati dopo il 31.12.1992)

  • 93/59/CEE (con catalizzatore)
  • 91/441/CE
  • 91/542/CE (punto 6.2.1.A)

EURO 2 (immatricolati dopo il 1.1.1997)

  • 91.542 punto 6.2.1.B
  • 94/12 CEE
  • 96/1 CE
  • 96/44 CEE
  • 96/69 CE
  • 98/77 CE

EURO 3 (immatricolati dopo il 1.1.2001)

  • 98/69 CE
  • 98/77 CE rif 98/69 CE
  • 99/96 CE
  • 99/102 CE rif. 98/69 CE
  • 2001/1 CE rif 98/69 CE
  • 2001/27 CE
  • 2001/100 CE A
  • 2002/80 CE A
  • 2003/76 CE A

EURO 4 (immatricolati dopo il 1.1.2006)

  • 98/69/CE B
  • 98/77/CE rif. 98/69/CE B
  • 1999/96 CE B
  • 1999/102 CE B rif. 98/69/CE B
  • 2001/1/CE Rif. 98/69 CE B
  • 2001/1 CE B rif. 98/69 CE B
  • 2001/27 CE B
  • 2001/100 CE B
  • 2002/80 CE B
  • 2003/76 CE B
  • 2005/55/CE B1
  • 2006/51 CE B rif. 2005/55/CE B1

EURO 5 (immatricolati dopo il 1.9.2009)

  • 2005/55/CE B2
  • 2006/51/CE rif. 2005/55/CE B2
  • 2006/51/CE rif. 2005/55/CE B2 (ecol. migliorato) oppure Riga C
  • 99/96 fase III oppure Riga B2 o C
  • 2001/27 CE Rif. 1999/96 Riga B2 oppure Riga C
  • 2005/78 CE Rif 2005/55 CE Riga B2 oppure riga C

EURO 6 (immatricolati dopo il 1.9.2015)

  • 715/2007 - 566/2011 (EURO 6A CON DISP ANTIPART)
  • 715/2007 - 566/2011 (EURO 6A)
  • 715/2007 - 566/2011 (EURO 6B CON DISP ANTIPART)
  • 715/2007 - 566/2011 (EURO 6B)
  • 715/2007 - 692/2008 (EURO 6A CON DISP ANTIPART)
  • 715/2007 - 692/2008 (EURO 6A)
  • 715/2007 - 692/2008 (EURO 6B CON DISP ANTIPART)
  • 715/2007 - 692/2008 (EURO 6B)
  • 136/2014 (EURO 6A)
  • 136/2014 (EURO 6B)
  • 136/2014 (EURO 6C)
  • 143/2013 (EURO 6A)
  • 143/2013 (EURO 6B)
  • 143/2013 (EURO 6C)
  • 195/2013 (EURO 6A)
  • 195/2013 (EURO 6B)
  • 195/2013 (EURO 6C)
  • 630/2012 (EURO 6A)
  • 630/2012 (EURO 6B)
  • 630/2012 (EURO 6C)
  • 595/2009 - 133/2014A (EURO 6)
  • 595/2009 - 133/2014B (EURO 6)
  • 595/2009 - 133/2014C (EURO 6)
  • 459/2012 (EURO 6A)
  • 459/2012 (EURO 6B)
  • 459/2012 (EURO 6C)
  • 2015/45 (EURO 6B)
  • 2016/646 W (EURO 6B)

Relazione con la normativa

La quantificazione dell’indicatore é collegata alla misura “RT2 – Rinnovo tecnologico del parco circolante” del piano Regionale per il risanamento, il miglioramento e il mantenimento della Qualità dell’Aria (Legge regionale 30 gennaio 2007, n. 2 “Disposizioni in materia di tutela dall'inquinamento atmosferico ed approvazione del Piano regionale per il risanamento, il miglioramento ed il mantenimento della qualità dell'aria per gli anni 2007/2015”).

Livelli di riferimento

Non ci sono riferimenti diretti con normative specifiche.
Viene riportato un confronto per le automobili con il parco veicolare delle regioni dell’Italia Nord-Ovest.

Indicatori analoghi presenti in altre relazioni

Non presenti

Presentazione e analisi

Parco veicoli leggeri - ACI VdA (2022)


Automobili Parco ACI VDA
Parco ACI Italia Nord Ovest
Euro 0 2,35% 7,12%
Euro 1 0,52% 1,63%
Euro 2 1,80% 5,11%
Euro 3 2,92% 8,15%
Euro 4 7,92% 22,85%
Euro 5 6,10% 19,09%
Euro 6 78,39% 36,04%

parco auto 2022 1223

Parco veicoli pesanti - ACI VdA (2022)

Veicoli commerciali pesanti Parco ACI VdA GEIE MB
Euro 0 23,81%      0%
Euro 1   5,65%      0%
Euro 2 12,89%      0%
Euro 3 16,90% 0%
Euro 4   4,71% 0%
Euro 5 11,29% 7,34%
Euro 6 24,75% 92,66%

parco tir 2022 1223

Commenti

PARCO VEICOLI LEGGERI – ACI VdA (2022)
Confrontando la distribuzione nelle classi, definite dalla Direttiva europea, delle automobili circolanti in Valle d’Aosta, con quella delle altre regioni nord-occidentali italiane, si osserva un maggior rinnovamento del parco circolante rispetto all’area presa in considerazione. In particolare risultano elevate le percentuali riferite alla classe Euro6.

PARCO VEICOLI PESANTI – ACI VdA (2022)
Distribuzione, nelle classi definite dalla Direttiva europea, del parco circolante di veicoli commerciali pesanti (superiori a 3,5 tonnellate) in Valle d’Aosta, a confronto con la sola componente in transito al Traforo del Monte Bianco.
Confrontando la distribuzione nelle classi, definite dalla Direttiva europea, del parco circolante di veicoli commerciali pesanti (superiori a 3,5 tonnellate) in Valle d’Aosta a livello regionale, con la sola componente di mezzi pesanti transitanti al Traforo del Monte Bianco, si osserva che la componente transfrontaliera è molto più aggiornata tecnologicamente rispetto all’insieme dei veicoli pesanti circolanti in Valle d’Aosta. Il parco dei mezzi pesanti transitante in autostrada risulta più rinnovato rispetto a quello relativo al traffico locale sia per il divieto di transito dei mezzi da Euro 0 ad Euro 4 (a partire dal 1 luglio 2020) al Traforo del Monte Bianco, sia perché, facendo percorsi più distanti, i mezzi vengono rinnovati con maggior frequenza.

AMB_CEB_004 - Il Permafrost

Presentazione

Descrizione

L'indicatore presenta lo stato termico del permafrost presso il Colle Cime Bianche (Valtournenche).

Messaggio chiave

La temperatura del permafrost presso il Colle Cime Bianche è di circa -0.9°C. Le temperature a tutte le profondità stanno progressivamente aumentando.

Obiettivo

Valutare l'impatto del cambiamento climatico sullo stato del permafrost alpino e quantificare le variazioni e le tendenze in atto.

Ruolo di Arpa

Realizzazione delle misure in campo ed elaborazione dei dati

Classificazione

Area tematica SINAnet

Criosfera

Tema SINAnet

Clima

DPSIR

S

Determinanti - Pressioni - Stato - Impatto - Risposte

Valutazione

Stato *

scarso

Tendenza *

scarso

 

Informazione sui dati

Qualità dell'informazione

Rilevanza 

Accuratezza

Comparabilità nel tempo

Comparabilità nello spazio

1 1 1 3

 

Proprietà del dato

ARPA Valle d'Aosta

Periodicità di aggiornamento

Annuale

Data di aggiornamento

31/12/2022

Copertura temporale

2006 - 2022

Copertura territoriale

I dati di temperatura che consentono l'elaborazione dell'indicatore provengono dal sito di monitoraggio di Cime Bianche posto a 3100 metri di quota in alta Valtournenche. Allo stato attuale (due fori in un solo sito), data la dipendenza dalle caratteristiche del punto di misura e dalle condizioni meteorologiche stagionali, tale indicatore può dirsi rappresentativo solo a livello del bacino di misura e di quelli immediatamente adiacenti.

Riferimenti

Inquadramento normativo

L'indicatore non ha riferimenti normativi.

Relazione con la normativa

L'indicatore non ha riferimenti normativi.

Livelli di riferimento

Non applicabile.

Indicatori analoghi presenti in altre relazioni

L'organizzazione meteorologica mondiale (WMO) elenca la temperatura del permafrost e lo spessore dello strato attivo tra le Variabili Climatiche Essenziali (ECV). Le stesse variabili sono incluse nei rapporti periodici del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC).

Indicatori correlati nella presente relazione

Presentazione e analisi

Il permafrost è un fenomeno naturale correlato alla temperatura del sottosuolo. È definito come lo stato termico di un suolo o substrato roccioso che rimane ad una temperatura inferiore a 0°C, per pochi anni consecutivi o migliaia di anni, quindi in uno stato di congelamento perenne. Il monitoraggio del permafrost si realizza calando una catena di termometri all'interno di fori praticati nel terreno. L'indicatore presenta i risultati del monitoraggio condotto dal 2006 in due fori (di profondità 6 e 41 metri) presso il Colle Cime Bianche a 3100 metri di quota in alta Valtournenche (Figura 1).

amb ceb 004 fig0 small

Figura 1. Sito di ricerca sul permafrost presso il Colle Cime Bianche (Valtournenche)

Le variazioni della temperatura nel tempo ed alle diverse profondità sono rappresentate con i grafici in figura 2 che evidenziano le differenze tra i regimi termici del permafrost nei due fori. Le figure 2A e 2B mostrano le temperature nei due fori fino alla profondità di 6 metri e dal loro confronto è possibile notare come lo spessore dello strato attivo è maggiore nel foro profondo (vedi anche figura 3). Tale differenza è causata dal diverso contenuto di ghiaccio nel substrato in corrispondenza dei due fori. La figura 2C mostra le temperature fino alla profondità massima di 41 m, si nota che oltre i 12 metri circa le temperature sono estremamente omogenee (vedi anche figura 4).

amb ceb 004 fig2 1222

Figura 2. La figura mostra l'evoluzione delle temperature del substrato (scala di colore a destra) in corrispondenza dei due fori. La linea nera è l'isoterma 0°C che inidica l'evoluzione dello strato attivo nel corso della stagione estiva e che raggiunge il suo spessore massimo durante l'autunno (vedi testo per approfondire).

I dati di temperatura misurati nei due fori vengono elaborati per calcolare alcuni parametri che servono a caratterizzare lo stato termico del permafrost e monitorarne l'evoluzione nel tempo. I parametri principali sono: 
- (i) lo spessore dello strato attivo, ovvero la profondità raggiunta dal fronte di scongelamento nel corso dell'estate (linee nere in figura 2 e figura 3)
- (ii) la temperatura del permafrost, ovvero la temperatura del substrato alle profondità dove le variazioni termiche stagionali non riescono ad arrivare (figura 4)

(i) Lo spessore dello strato attivo (figura 3) è un indicatore che consente di valutare l'effetto delle condizioni climatiche del singolo anno sulle temperature superficiali del permafrost. La profondità massima raggiunta dalle temperature positive determina lo spessore dello strato attivo e nelle Alpi, viene raggiunta solitamente tra la fine di settembre ed i primi di novembre in risposta, essenzialmente, alle condizioni di nevosità ed alle temperature (invernali ed estive). In generale, uno strato attivo di spessore ridotto è conseguente a condizioni fredde (es. inverno freddo e poco nevoso) mentre uno strato attivo di spessore elevato indica condizioni calde (es. inverno nevoso ed estate calda). La figura 3 mette a confronto i valori massimi di spessore dello strato attivo dei due fori dall'inizio delle attività di misura. La profondità media dello strato attivo del foro profondo (5.33 m) è maggiore rispetto a quella del foro superficiale (3.88 m).amb ceb 004 fig3 1222

Figura 3. La figura mostra i valori annuali di spessore dello strato attivo dall'inizio delle osservazioni. I due fori presentano spessori estremamente diversi nonostante la loro vicinanza. Tali differenze sono dovute soprattutto al diverso contenuto di ghiaccio/acqua nel suolo ed in parte alla micro-morfologia della zona che nel caso del foro superficiale non consente l'accumularsi di significativi spessori di neve.

(ii) La temperatura del permafrost è un indicatore che consente di valutare l'impatto dei cambiamenti climatici sul regime termico del permafrost. La misura di temperatura deve essere effettuata oltre la cosìddetta profondità di oscillazione minima (ZAA – zero annual amplitude), dove le temperature non sono perturbate dalle variazioni stagionali. La figura 4 mostra il profilo termico del substrato nei diversi anni. Il profilo termico è composto dalle curve delle temperature massime e minime (medie giornaliere) misurate nel foro alle varie profondità. Le curve dei valori massimi (tratteggiate) e quelle dei valori minimi (continue) convergono intorno ai 18-20 metri di profondità (ZAA). Al di sotto di questa profondità le temperature risentono poco delle variazioni stagionali e attualmente (2022) si attestano intorno -0.9 °C. Dalla figura 4 si deduce anche che lo spessore del permafrost presso il Colle Cime Bianche supera i 40 metri in quanto in fondo al foro le temperature misurate sono ancora negative. Osservando i colori relativi agli anni di monitoraggio, si nota che i blu sono tutti spostati a sinistra (verso le temperature più fredde) ed i rossi a destra (verso le temperature più calde). Questo è un chiaro segnale che le temperature lungo tutta la profondità del foro stanno progressivamente aumentando (progressivo spostamento verso la destra del grafico).

amb ceb 004 fig4 1222

Figura 4. La figura mostra le curve delle temperature massime e minime registrate nel foro profondo negli anni idrologici 2009-2022.

A tal proposito, l'analisi delle temperature profonde permette di verificare la presenza di un trend di riscaldamento. La figura 5 evidenzia un riscaldamento statisticamente significativo sui sensori al di sotto degli 8 metri. Il trend è maggiore vicino alla superficie (+0.45°C ogni 10 anni a 10 metri di profondità) e diminuisce con la profondità (0.2 °C ogni 10 anni a 40 metri di profondità)

trend sy0922

 

Figura 5. La figura mostra l'intensità dei trend di riscaldamento rilevati sui sensori della catenza del foro profondo al di sotto degli 8 metri di profondità per il periodo 2009-2022. Il pallino indica il valore medio del trend mentre la linea tratteggiata orizzontale è l'incertezza della stima statistica.

TER_INF_023 - Sviluppo delle linee elettriche a media tensione e distribuzione delle cabine MT/BT

Presentazione

Descrizione

L’indicatore quantifica la presenza sul territorio delle infrastrutture per la distribuzione dell’energia elettrica sul territorio (elettrodotti a media tensione e cabine secondarie MT/BT), in riferimento all’estensione dello spazio interessato.

Messaggio chiave

La rete delle linee di media tensione e delle cabine di trasformazione MT/BT serve per la distribuzione capillare sul territorio dell'energia elettrica agli utenti. Essa quindi varia a seconda delle nuove richieste di allaciamento. Spesso, però, la lunghezza dei nuovi tracciati è piccola rispetto alla rete stessa e non sempre è necessario installare una nuova cabina, quindi una variazione annuale non è apprezzabile su larga scala.

Obiettivo

L’indicatore ha lo scopo di visualizzare e quantificare le lunghezze delle linee elettriche a media tensione e il numero delle cabine secondaria di trasformazione dell’energia da media a bassa tensione in relazione alla superficie del territorio regionale.
La pubblicazione di queste informazioni risponde ad una forte istanza conoscitiva della popolazione a seguito dei timori che i campi elettromagnetici possano avere effetti dannosi per la salute, che ha portato alla emanazione di leggi, nazionali e regionali, che prevedono l’istituzione di catasti delle sorgenti.

Ruolo di Arpa

L’ARPA raccoglie le informazioni relative all’estensione e al tracciato delle linee nonché delle cabine al fine della verifica del rispetto della normativa sulla protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici ed esprime parere tecnico per i nuovi impianti.

Classificazione

Area tematica SINAnet

Radiazioni non ionizzanti

Tema SINAnet

Campi elettromagnetici

DPSIR

D

Determinanti - Pressioni - Stato - Impatto - Risposte

Valutazione

Stato

medio 

Tendenza

 stabile

Informazione sui dati

Qualità dell'informazione

Rilevanza

Accuratezza

Comparabilità nel tempo

Comparabilità nello spazio

2 1 1 1

Si è dato un punteggio medio alla rilevanza perché la pressione sull’ambiente è data dalla corrente che transita nelle linee e non dalla mera presenza della linea: lo sviluppo delle linee è un indicatore indiretto. Per quanto riguarda l’accuratezza si attribuisce un valore alto in quanto l’indicatore è stato costruito partendo dai dati forniti direttamente dai gestori degli impianti. Le modalità di costruzione dell’indicatore sono ripetibili nel tempo. La comparabilità nello spazio risulta elevata perché lo stesso dato è fornito da tulle le agenzie d’Italia per popolare l’Osservatorio CEM di ISPRA

Proprietà del dato

Dati forniti ad ARPA dai gestori degli impianti.

Periodicità di aggiornamento

Aggiornamento continuo

Data di aggiornamento

31/12/2022

Copertura temporale

Dal 1999

Copertura territoriale

L’attività svolta dall’ARPA in questo ambito è estesa in modo omogeneo a tutta la regione

Riferimenti

Inquadramento normativo

  • l. 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici), articolo 7 (Catasto Nazionale) e articolo 8, comma 1, lettera d) che introduce i catasti regionali.
  • l.r. 15 dicembre 2006, n. 32 (Disposizioni in materia di elettrodotti).
  • l.r. 28 aprile 2011, n. 8 (Nuove disposizioni in materia di elettrodotti. Abrogazione della legge regionale 15 dicembre 2006, n. 32.)

Relazione con la normativa

La quantificazione dell’indicatore deriva dall’istituzione dei Catasti regionali degli impianti.

Livelli di riferimento

Non applicabile

Indicatori analoghi presenti in altre relazioni

Lo stesso indicatore, con valenza nazionale, è presentato sull’annuario dei dati ambientali redatto da ISPRA e con valenza regionale nelle relazioni stato ambiente delle altre regioni italiane.

Presentazione e analisi

SVILUPPO DELLE LINEE ELETTRICHE A MEDIA TENSIONE E PUNTO DI INSTALLAZIONE DELLE CABINE MT/BT

 

ter inf 023 legenda

ter inf 023 cartina sct

Immagine ricavata dal Sistema delle Conoscenze Territoriali della Valle d’Aosta

   

LA LUNGHEZZA DELLE LINEE ELETTRICHE A MEDIA TENSIONE SUL TERRITORIO REGIONALE E' DI CIRCA1500 km

IL NUMERO DI CABINE SECONDARIE MT/BT INSTALLATE SUL TERRITORIO REGIONALE E' POCO MENO DI 2000

 

Commenti

La Valle d’Aosta è ampiamente urbanizzata lungo l'asse centrale della valle e in alcuni centri delle vallate laterali, questo spiega la distribuzione dei tracciati delle linee di media tensione.

La rete delle linee elettriche di media tensione sul territorio regionale varia lentamente nel tempo in quanto le principali direttrici sono già esistenti e i nuovi allacciamenti riguardano pochi metri di linee rispetto al totale di quelle già installate.

Anche per quanto riguarda il numero delle cabine secondarie di trasformazione MT/BT, il numero tende ad aumentare lentamente perché legato all'aumento delle richieste di energia elettrica che rispetto al totale già presente non richiede sempre l'allestimento di nuove cabine ma l'adeguamento di quelle esistenti.

II Relazione sullo Stato dell'Ambiente in Valle d'Aosta - 2003

Qui di seguito è possibile scaricare i vari capitoli della Relazione sullo Stato dell'Ambiente.

 

Collaboratori

Il file contiene l'elenco delle persone che hanno collaborato alla stesura di questa relazione.

Indice degli argomenti

Indice dei temi trattati.

Inquinamento dell'aria

Elaborazione e presentazione dei dati riguardanti le emissioni in atmosfera.

a title="Reti di Monitoraggio della Qualità dell'Aria"""""Reti di Monitoraggio della Qualità dell'Aria

Configurazione del sistema di controllo della qualità dell'aria in Valle d'Aosta.

Concentrazione di inquinanti

Concentrazione di sostanze inquiananti nell'aria.

Episodio acuto di inquinamento atmosferico ad Aosta

Studio di un episodio acuto di inquinamento acuto avvenuto in Aosta nell'inverno 2001/2002

Acque superficiali e reflue

Studio dell'inquinamento delle acque superficiali e reflue.

a title="Indice di funzionalità fluviale"""""Indice di funzionalità fluviale

Esperienze di valutazione dell'indice di funzionalità fluviale (IFF) sulla Dora di Ferret.

Suolo, sottosuolo, falda

Studio dell'inquinamento del suolo, sottosuolo e delle falde presenti sul territorio regionale.

Rifiuti e flussi di materiale

Elaborazione e presentazione dei dati riguardanti la produzione e lo smaltimento delle varie tipologie di rifiuti sul territorio regionale.

Radiazioni Ionizzanti

Radioattività in ambiente di origine artificiale o naturale.

Radiazioni non Ionizzanti

Sorgenti e livelli di radiazioni non ionizzanti presenti sul territorio regionale.

Rumore ambientale

Livelli di rumore ambientale presenti sul territorio.

Azioni di rilevanza ambientale generale

Processi di Agenda 21 avviati dai Comuni.

Effetti ambientali delle dinamiche climatiche globali

Monitoraggio dello "stato di salute" dei ghiacciai

Progetto glasnowmap

Il telerilevamento per il monitoraggio dei ghiacciai e della copertura nevosa.

Progetto Gloria

La vegetazione di alta quota per il monitoraggio degli effetti dei cambiamenti climatici.

Analisi di eventi

Considerazioni sugli impatti ambientali del traffico transfrontaliero attraverso il traforo del Monte Bianco.

III Relazione sullo Stato dell'Ambiente in Valle d'Aosta - 2005
IV Relazione sullo Stato dell'Ambiente in Valle d'Aosta - 2007

Il 13 ottobre 2008 è stata presentata la IV edizione della Relazione sullo Stato dell'Ambiente - 2007.

Si è deciso di mantenere la stessa veste grafica della precedente, arricchendola con 3 nuovi capitoli e immagini della nostra regione, con lo scopo di offrire al lettore una continuità nelle modalità di reperimento delle informazioni e nella consultazione del rapporto. Si seguito è possibile scaricare in formato pdf, capitolo per capitolo, l'intera relazione.

copertina iv rsa

Presentazione, prefazione e indice - La IV Relazione sullo Stato dell'Ambiente: obiettivi e metodo

1 Cause determinanti a valenza generale

2 Produzione e consumo di energia

3 Le attività produttive come fattori di pressione dell'ambiente

4 L'aria

5 Rumore ambientale

Il progetto MONITRAF: monitoraggio degli impatti del traffico stradale di attraversamento delle Alpi e azioni comuni

6 Acque superficiali e acque reflue

7 Acque sotterranee, sottosuolo e suolo

8 Rifiuti e flussi di materiale

Il Laboratorio dell'ARPA: un presidio analitico integrato con il territorio

9 Radiazioni ionizzanti

10 Radiazioni non ionizzanti

11 Radiazione ultravioletta solare

12 Effetti ambientali delle dinamiche climatiche globali

V Relazione sullo Stato dell'Ambiente in Valle d'Aosta - 2009
rsa2011-FLU_EM_A03 - Progetto CONECOFOR

CONECOFOR immagine 1

FUTMON

Deposizioni umide di sostanze acidificanti (flusso di deposizione di acidità totale)

Premessa

Lo studio della chimica delle deposizioni atmosferiche costituisce una parte di un più vasto programma nazionale di monitoraggio avviato in Italia nel 1995 dal Corpo Forestale dello Stato (Programma Nazionale Integrato per il Controllo degli Ecosistemi Forestali, CONECOFOR), gestito e coordinato dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, nell’ambito del Regolamento CEE 1091/94 e in stretto contatto con i programmi svolti nell’ambito dell’ONU-ECE (ICP Forests e ICP Integrated Monitoring).

CONECOFOR immagine 2

Localizzazione e tipologie delle 22 aree del progetto FutMon/CONECOFOR in Italia.

Lo scopo principale di tale programma è studiare le interazioni ecologiche tra le componenti strutturali e funzionali degli ecosistemi forestali e i fattori di pressione e di cambiamento su larga scala (inquinamento atmosferico, cambiamenti climatici, variazione dei livelli di biodiversità). Le indagini sulla chimica delle deposizioni atmosferiche in particolare, mirano a valutare l’apporto di ioni depositati dall’atmosfera sulla vegetazione e le modifiche della composizione chimica delle deposizioni a contatto con la vegetazione e con le sostanze su di essa depositate. A tal fine sono considerate diverse tipologie di deposizioni: a cielo aperto (sia come deposizioni totali – definite bulk, sia come deposizioni umide, definite wet only), sottochioma e lungo il tronco. In alcune aree, sono inoltre campionate le acque di ruscellamento superficiale, al fine di valutare gli effetti dell’interazione fra deposizioni atmosferiche, chiome e suolo. Un ulteriore obiettivo è la valutazione dell’evoluzione delle caratteristiche chimiche delle deposizioni e dei flussi di ioni al suolo.

Il prelievo e le analisi delle deposizioni atmosferiche nell’area VAL1 (La Thuile) sono iniziati nel 2009, anno in cui l’attività si è svolta nell’ambito e con i finanziamenti del progetto europeo LIFE+ FutMon (Further Development and Implementation of an EU-level Forest Monitoring System) coordinato, in Italia, dal Corpo Forestale dello Stato - Ministero dello politiche agricole alimentari e forestali. In tale sito è assicurato unicamente il campionamento delle deposizioni a cielo aperto e sottochioma e, per il triennio 2009-2011, delle concentrazioni di ozono.

Materiali e metodi

Le deposizioni a cielo aperto vengono campionate con tre campionatori costantemente esposti,  nei pressi della centralina di monitoraggio della qualità dell'aria di La Thuile (loc. Granges, quota 1.640 m); la scelta di tale sito è legata alla necessità di collocare i dispositivi di campionamento in una zona priva di interferenze con la copertura forestale, non troppo lontana dall'area boscata oggetto di indagine (area permanente) e facilmente raggiungibile durante tutto il corso dell'anno. Per la raccolta delle deposizioni sotto chioma, nel periodo estivo si impiegano 16 campionatori collocati all'interno dell'area permanente (Bois de Théraz, quota 1.800 m circa) in modo regolare, per ottenere una stima della deposizione media che interessa l'intera area, sia sotto le chiome degli alberi che negli spazi tra un albero e l'altro. Nel periodo invernale, per limitazioni di accesso all'area permanente, il campionamento è effettuato lungo la strada per il Colle San Carlo (Bois de Petosan, quota 1.945 m).

I 16 campionatori sottochioma delle deposizioni atmosferiche sono costituiti da un imbuto e una bottiglia di raccolta e sono collocati in estate nella parcella di analisi CONECOFOR e in inverno, per l’impossibilità di raggiungere l’area in sicurezza, in un bosco simile vicino alla strada. Altri 3 campionatori bulk sono installati a cielo aperto, in modo da raccogliere la deposizione atmosferica senza che questa abbia interagito con le chiome degli alberi. Nei mesi in cui gran parte della deposizione avviene sotto forma di neve, vengono esposti campionatori specifici di forma cilindrica.

I campioni di deposizione vengono prelevati settimanalmente ed inviati al laboratorio dell’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del CNR. Conducibilità elettrica e pH sono misurati sul campione tal quale, che viene successivamente filtrato (0,45 µm), per le analisi dell’alcalinità (titolazione volumetrica secondo Gran), degli ioni principali (in cromatografia ionica), dell’ammonio (in spettrofotometria, metodo all’indofenolo), del carbonio organico disciolto (DOC, per combustione termica e rivelazione infrarossa) e dell’azoto totale (TN, chemioluminescenza).

CONECOFOR immagine 3

Campionatori (versione invernale) installati sotto chioma nell'area permanente (a sinistra) e presso il sito open field di Loc. Granges (a destra).

I Regolamenti dell'UE prevedono come parametri facoltativi diversi metalli, lo zolfo totale, il carbonio e l'azoto organico, ed il fosforo. Solo quest'ultimo viene misurato nell'ambito del programma CONECOFOR, per stimare l'eventuale contaminazione dei campioni da parte di residui organici.

Risultati preliminari

La quantità di precipitazione raccolta dai campionatori a cielo aperto è tra le più basse misurate nella rete CONECOFOR ed è variabile da anno ad anno: 626 mm nel 2009, 1014 mm nel 2010 e 760 mm nel 2011.

Il pH delle deposizioni a cielo aperto varia nei vari campioni settimanali da 4,86 a 8,3 e il valore medio, calcolato a partire dalla media ponderata sui volumi delle concentrazioni di ioni idrogeno, è di 5,7, molto prossimo al valore naturale dovuto alla dissoluzione dell’anidride carbonica atmosferica nelle acque piovane. I valori di pH più elevati corrispondono ad alcuni eventi di deposizione di sabbia sahariana.

I principali inquinanti che si depositano con le precipitazioni sono i solfati, derivati del biossido di zolfo, i nitrati, derivati dagli ossidi di azoto, e l’ammonio, derivato dall’ammoniaca. Mentre gli ossidi derivano principalmente dalle emissioni industriali e civili di gas combusti, l’ammoniaca deriva principalmente da emissioni agricole e zootecniche. Nella stazione de La Thuile, questi composti hanno presentato una concentrazione media sul triennio di 0,34 mgN L-1 per l’ammonio, 0,26 mgN L-1 per i nitrati e 0,24 mgS L-1 per i solfati. Si tratta di valori relativamente bassi, tra i più bassi misurati nelle stazioni CONECOFOR, ma comunque più elevati rispetto alle stazioni più lontane dalle fonti di inquinamento, come in Puglia e in Calabria. Confrontando la deposizione a cielo aperto e quella sotto chioma, la differenza più evidente è legata all’ammonio e al potassio che presentano concentrazioni rispettivamente più basse e più alte nella deposizione sottochioma rispetto a quella a cielo aperto, testimoniando un prelievo attivo a livello foliare di ammonio e il rilascio di potassio. La deposizione areale di azoto totale, che comprende nitrati, ammonio e azoto organico, e risultata in media 7,8 kg N ha-1 a-1, al di sotto della soglia di 10 kg N ha-1 a-1 considerata in letteratura come un’indicazione di possibili effetti ecologici avversi della deposizione di azoto, e del carico critico specifico per la questa stazione, calcolato in 9,8 kg N ha-1 a-1.

Conclusioni

Nonostante la sua posizione geografica remota e protetta rispetto alle principali fonti di inquinamento, il sito di La Thuile riceve una deposizione di composti di origine antropica (solfati, nitrati e ammonio) maggiore rispetto ad altri siti remoti italiani. Vi sono evidenze sperimentali di un prelievo di azoto a livello foliare, comportando quindi una modesta fertilizzazione del bosco. I valori di deposizione di azoto sono comunque inferiori al carico critico calcolato per questa stazione. Questi risultati sono specifici per La Thuile e non possono essere estesi a tutto il territorio regionale.

Le attività di campionamento sono realizzate dal personale di ARPA su incarico della Direzione Foreste e Infrastrutture e del Corpo Forestale della Valle d'Aosta. Le analisi chimiche sono condotte dal CNR-ISE (Istituto per la Studio degli Ecosistemi) di Verbania. Si ringrazia Aldo Marchetto del CNR-ISE per la redazione del paragrafo 'Risultati preliminari'.

rsa2011-FLU_RR_004 - Quantità di rifiuti urbani differenziati

Presentazione

Descrizione

L’indicatore quantifica, come percentuale sul totale prodotto, i rifiuti urbani e assimilati raccolti separatamente per tipologie recuperabili ed effettivamente avviati a recupero.
Inoltre, mette a confronto i quantitativi totali annui, per l’intero territorio regionale, di rifiuti urbani e assimilati avviati a smaltimento e quelli avviati a recupero. 

Messaggio chiave

Su tutto il territorio valdostano (ATO), negli ultimi anni, la percentuale di raccolta differenziata è andata notevolmente aumentando. Al 31 dicembre 2011, è stato raggiunto il 44%:  tale percentuale risulta, però, ancora abbastanza lontana dall’obiettivo del 60% definito dalla normativa.
A livello di SubATO al 31 dicembre 2011 non è ancora stato raggiunto l’obiettivo del 60% di raccolta differenziata definito dalla normativa regionale: la Comunità Montana Gran Combin ha raggiunto il 55%, il Comune di Aosta e la Comunità Montana Mont Rose hanno raggiunto rispettivamente il 48% e 47% ed, infine, tutte le altre Comunità hanno superato la soglia del 40%.
Negli ultimi anni, i quantitativi totali di rifiuti urbani valdostani raccolti in modo separato e quindi recuperati sono in costante aumento e, di conseguenza, vi è stata una lenta ma graduale diminuzione della quantità di rifiuti urbani smaltiti in discarica. 

Obiettivo

L’indicatore quantifica i rifiuti urbani e assimilati raccolti in maniera differenziata ed avviati a recupero al fine anche di verificare il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla normativa. A tale fine, viene riportato il dato percentuale. A completamento dell’informazione vengono poi riportati anche i quantitativi in tonnellate di rifiuti prodotti, di quelli recuperati mediante raccolta differenziata e di quelli ancora avviati a smaltimento in discarica.
Vengono riportati i dati dal 2008 al 2011. 

Ruolo di Arpa

Fino al 2009, elaborazione dei dati forniti da Regione Autonoma Valle d’Aosta. In seguito sola stesura dell’indicatore sulla base dei dati forniti dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta ed elaborati dall’Osservatorio Regionale Rifiuti. 

Classificazione

Area tematica SINAnet

Rifiuti

Tema SINAnet

Produzione rifiuti

DPSIR

R

Determinanti - Pressioni - Stato - Impatto - Risposte

Valutazione

Stato*

medio 

Tendenza**

ascendente 

* Al 31 dicembre 2011, la percentuale di raccolta differenziata raggiunta è stata del 44% : essa risulta ancora abbastanza lontana dall’obiettivo del 60% definito dalla normativa.

** Su tutto il territorio valdostano, negli ultimi anni, la percentuale di raccolta differenziata è andata notevolmente aumentando e i quantitativi di rifiuti urbani avviati in discarica sono diminuiti.

Informazione sui dati

Qualità dell'informazione

Rilevanza

Accuratezza

Comparabilità nel tempo

Comparabilità nello spazio

 1  1 1 1

 

Proprietà del dato

Per l’anno 2009, Regione Autonoma Valle d’Aosta con elaborazione ARPA
Per gli altri anni, Regione Autonoma Valle d’Aosta con elaborazione Osservatorio Regionale Rifiuti 

Periodicità di aggiornamento

Annuale

Data di aggiornamento

31/12/2011

Copertura temporale

Dal 2002

Copertura territoriale

Intero territorio regionale. I dati sono suddivisi per sottoambiti territoriali ottimali - SubATO (Comunità Montane e Comune di Aosta). 

Riferimenti

Inquadramento normativo

  • d.lgs. 152/2006 - parte terza: Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati (artt. 205)
  • l. 296/2006 - Finanziaria 2007 (Art. 1 comma 1108)
  • l.r. 31/2007 - Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti (Art. 10) 

Relazione con la normativa

La normativa definisce degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere con tempistiche definite e stabilisce delle misure per incrementare la raccolta stessa. 

Livelli di riferimento

Percentuali obiettivo di raccolta differenziata dei rifiuti urbani:
d.lgs. 152/2006 – Art. 205:
•    35% entro 31 dicembre 2006
•    45% entro 31 dicembre 2008
•    65% entro 31 dicembre 2012
per ogni ambito territoriale ottimale (in Valle d’Aosta è l’intera regione)
l. 296/2006 – Art. 1 comma 1108:
•    40% entro 31 dicembre 2007
•    50% entro 31 dicembre 2009
•    60% entro 31 dicembre 2011
per ogni ambito territoriale ottimale (in Valle d’Aosta è l’intera regione)
l.r. 31/2007 – Art. 10:
•    40% entro 31 dicembre 2007
•    50% entro 31 dicembre 2009
•    60% entro 31 dicembre 2011
per ogni sottoambito territoriale ottimale (in Valle d’Aosta Comunità montane e Comune di Aosta)

Indicatori analoghi presenti in altre relazioni

“Quantità di rifiuti urbani raccolti in modo differenziato” - Annuario dei dati ambientali 2011 – ISPRA 

Presentazione e analisi

Raccolta differenziata %

1 differenziata

Raccolta differenziata (%) 2008 2009 2010 2011
Aosta 47,3 48,9 48,6 48,2
C. M. Valdigne Mont Blanc 39,2 38,9 38,9 40,1
C. M. Gran Paradis 37,6 38,4 38,8 41,5
C. M. Grand Combin 37,1 37,9 53,9 55,0
C. M. Monte Emilius 37,7 38,7 38,7 42,0
C. M. Monte Cervino 37,5 38,2 38,7 43,7
C. M. Evançon 34,7 35,7 36,1 41,3
C. M. Mont Rose 40,8 41,1 44,4 47,3
C. M. Walser 39,7 39,3 39,9 40,4
Totale Valle d'Aosta 39,9 40,8 41,6 44,0

Smaltimento e recupero rifiuti urbani

2 smaltim recupero

Produzione, Smaltimento e Recupero RU 2008 2009 2010 2011
Produzione Totale RU (t/anno) 74.601 76.177 76.973 75.272
Smaltimento in discarica RU (t/anno) 44.811 45.135 44.935 42.184
Totale Raccolte Differenziate (t/anno) 29.790 31.042 32.038 33.088

Su tutto il territorio valdostano (corrispondente all’Ambito territoriale ottimale – ATO), negli ultimi anni, la percentuale di raccolta differenziata è andata aumentando. Al 31 dicembre 2011, la percentuale raggiunta è stata del 44% (con un aumento di 3,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente) ma essa risulta ancora abbastanza lontana dall’obiettivo del 60% definito dalla normativa.
A livello di Sottoambiti territoriali ottimali (Sub-ATO), la Comunità Montana Gran Combin, nel 2010, ha superato la soglia del 50% ed ha raggiunto il 55% nel 2011. Il Comune di Aosta ha raggiunto una percentuale di raccolta differenziata pari al 48% nel 2009 e l’ha mantenuta per gli anni successivi, mentre nel 2011 tutte le Comunità Montane hanno almeno raggiunto la soglia del  40% e la Comunità Montana Monte Rose ha superato il 47%. Anche a livello di SubATO al 31/12/2011 non è ancora stato raggiunto l’obiettivo del 60% di raccolta differenziata definito dalla normativa regionale.
Considerando i quantitativi totali di rifiuti urbani valdostani prodotti, raccolti in modo separato e quindi recuperati e smaltiti in discarica, si osserva un costante aumento della raccolta differenziata, e di conseguenza dei materiali avviati al recupero, e una lenta ma graduale diminuzione, nel tempo, della quantità di rifiuti urbani smaltiti in discarica. 

rsa2011- Studio delle problematiche di salvaguardia delle falde legate all’utilizzo della geotermia a bassa entalpia - ENER_A01

Nell’ambito della Delibera Regionale n. 1900 del 10/07/2009, l’Amministrazione regionale ha incaricato ARPA  di eseguire uno studio sui potenziali impatti ambientali causati dagli impianti geotermici “a circuito chiuso", sistema basato sullo sfruttamento del calore presente naturalmente nel sottosuolo attraverso la circolazione di un fluido termovettore, senza utilizzo diretto dell’acqua di falda, a profondità comprese solitamente tra i 50 e i 200 m, caratterizzate da temperature naturali dell’ordine dei 10-12°C.
L’obiettivo del lavoro era comprendere come usare la risorsa geotermica a bassa temperatura nel territorio valdostano senza generare effetti ambientali collaterali, che essenzialmente possono consistere in:

  • variazioni delle temperature del sottosuolo o della falda
  • messa in comunicazione di acquiferi diversi a seguito delle perforazioni
  • rilascio di sostanze inquinanti nel sottosuolo a seguito della rottura delle sonde.

L’indagine, condotta con la consulenza scientifica di ESI Italia coadiuvata da un’autorevole supervisione accademica (Prof. Pahud  dell’Università di Lugano), ha avuto un approccio conoscitivo sperimentale basato su 3 siti pilota costruiti appositamente, individuati in contesti geo-morfologici diversi (uno nel fondovalle, in presenza di falda, e due su versante a diverse quote).

Presso ciascuno dei tre siti pilota le attività sperimentali si sono svolte nel seguente modo:

  • posa in opera della sonda geotermica  
  • a 2 m di distanza dalla sonda geotermica, posa in opera di una sonda per misurare le variazioni termiche nel sottosuolo a diverse profondità
  • esecuzione di test specifici per definire i valori di conducibilità termica media e di temperatura del terreno
  • applicazione di cicli temporali di estrazione di calore dal sottosuolo, prolungati e intervallati con spegnimenti dell’impianto, per valutare la risposta del serbatoio geotermico allo sfruttamento nelle diverse condizioni.

La sperimentazione nei siti pilota ha consentito di ottenere indicazioni pratiche sulla progettazione degli impianti geotermici, quali:

  • interdistanza tra le sonde in funzione dell’ampiezza complessiva della bolla di alterazione termica
  • minima profondità utile di una sonda geotermica in funzione di quota, presenza di falda, fattori morfologici
  • criterio pratico di dimensionamento in funzione della modalità di scambio termico (moti convettivi o conduttivi) nel volume di serbatoio interessato
  • individuazione di una soglia di attenzione (quota intorno 2.000 m s.l.m.) oltre la quale è bene verificare il rischio di congelamento dei terreni
  • indicazioni sulla modalità di esercizio in funzione delle condizioni idrogeologiche (per es. immagazzinamento di calore estivo con terreno interamente insaturo)
  • principi per la calibrazione di modelli numerici di trasporto del calore nel terreno, da utilizzare in caso di richieste di autorizzazione di impianti con numerose sonde o con modalità di esercizio particolari.

Oltre alla sperimentazione, sono state affrontate le seguenti tematiche:

  • elaborazione  della Carta Preliminare del Potenziale Geotermico Superficiale della Valle d’Aosta, associando ai terreni superficiali dati di conducibilità termica da fonte bibliografica, strumento utile per dare indicazioni di massima circa la predisposizione del territorio ad ospitare impianti geotermici;
  • elaborazione dell’Analisi di Rischio, ai sensi della normativa vigente per i siti contaminati, per valutare l’effetto sulla falda di un eventuale versamento del fluido termovettore.
rsa2011-AMB_ATM_A01 Primo interconfronto nazionale di radiometri solari ultravioletti

Introduzione

I radiometri solari ultravioletti sono utilizzati da tempo in tutto il mondo per monitorare l'irradianza al suolo in funzione dei fattori atmosferici che la modulano (WMO, 2011) e al fine di valutare i rischi della radiazione solare per la salute umana e l'ambiente (UNEP, 2010). Ciononostante, l'impiego ottimale di tali strumenti per ottenere serie di misure di altissima accuratezza è ancora oggi una sfida impegnativa: i probabili trend di irradianza UV sono bassi e si confondono facilmente con le oscillazioni naturali (Seckmeyer et al. 2009). Inoltre, nell'ambito delle reti di monitoraggio, non è sempre semplice discriminare tra le differenze prettamente inter-strumentali e i reali pattern ambientali e geografici. Un grande sforzo è perciò richiesto agli operatori, in particolare nelle procedure di controllo di qualità, di rielaborazione dei dati, taratura e caratterizzazione degli strumenti (di Sarra, 2002).
Benché in Italia alcuni istituti abbiano avviato misure di radiazione ultravioletta solare sin dall'inizio degli anni '90 (Casale et al., 2000) e partecipato a campagne internazionali, la strumentazione presente sul territorio nazionale non è operata nell'ambito di una rete organizzata e secondo un programma di ricerca comune. I risultati del presente interconfronto sono perciò fondamentali per valutare l'accuratezza globale della strumentazione italiana ed attuare i necessari provvedimenti per migliorarla.

 Strumentazione e modelli partecipanti

Tutti gli strumenti e gli enti partecipanti alla campagna sono riportati, unitamente ad alcune informazioni, in tabella 1.
Lo strumento che ha costituito il riferimento della campagna di interconfronto è uno spettroradiometro Bentham DTMc300F a doppio monocromatore (numero identificativo 00, nel seguito; fig. 1), appartenente ad ARPA Valle d'Aosta e tracciabile a standard primari (Diémoz, 2012). Tale strumento è regolarmente confrontato con il riferimento europeo, QASUME, del centro mondiale per la misura della radiazione solare di Davos (PMOD-WRC). Nel corso della campagna in esame, lo spettroradiometro Bentham ha acquisito con continuità spettri di irradianza nella banda elettromagnetica compresa tra 290 e 400 nm.
In aggiunta, un ulteriore strumento in grado di misurare lo spettro di radiazione, uno spettrofotometro Brewer MKIV, anch'esso gestito da ARPA Valle d'Aosta (numero identificativo 11), ha partecipato all'interconfronto. Lo spettrofotometro è stato altresì impiegato per la misura del contenuto totale di ozono e per la caratterizzazione delle proprietà ottiche del particolato atmosferico durante la campagna.
La maggior parte dei radiometri partecipanti era a banda larga (numeri identificativi da 01 a 10). Il loro dato non elaborato è stato raccolto in termini di tensione elettrica ai capi dei loro cavi di uscita ogni 10 secondi. Due degli strumenti (09 e 10) erano digitali, i rimanenti analogici. Quattro radiometri a banda larga (numeri identificativi 01, 02, 04 e 05) hanno misurato contemporaneamente l'irradianza UV-A integrata nella banda 315-400 nm e l'Indice UV (d'ora in poi UVI; per la definizione di quest'ultimo, si veda Webb, 2011), i rimanenti acquisivano esclusivamente il canale relativo all'UVI.
La relazione tra tensione in uscita dai radiometri a banda larga e l'irradianza (cioè la grandezza che si desidera normalmente misurare), è definita attraverso una funzione, piuttosto complessa, dei due parametri che maggiormente condizionano la forma dello spettro solare a terra: il contenuto totale di ozono in atmosfera e l'angolo zenitale solare. Non è, infatti, possibile determinare un'unica costante di taratura per il fatto che le risposte spettrali e angolari dei radiometri non coincidono perfettamente con quelle ideali. Alcuni operatori hanno dunque fatto uso, durante la campagna, di matrici di taratura, ottenute tramite modelli di trasporto radiativo. Altri, invece, hanno utilizzato un fattore di correzione costante, benché sia noto che tale procedimento non garantisce un risultato ottimale.
Due radiometri a filtri (numeri identificativi 12 e 13) hanno acquisito misure a banda stretta, poi elaborate dai rispettivi operatori al fine di ottenere l'UVI e l'irradianza integrata nella banda UV-A.
Infine, il modello di trasporto radiativo LibRadtran è stato incluso nel confronto alla pari degli altri strumenti (numero identificativo 14) ed è stato, inoltre, impiegato per il controllo di qualità delle misure spettrali.

 

Id Ente Strumento Tipo di misura Tracciabilità Data Taratura
00 Arpa Valle d'Aosta Bentham DTMc300F Irradianza spettrale PTB (QASUME) 2010
01 Arpa Valle d'Aosta Kipp&Zonen UV-S-AE-T Irradianza banda larga (UV-A, UV-E) PTB (Bentham 5541) 2010
02 Arpa Valle d'Aosta Kipp&Zonen UV-S-AE-T Irradianza banda larga (UV-A, UV-E) PTB (Bentham 5541) 2010
03 Arpa Valle d'Aosta Yankee Env. Syst. UVB-1 Irradianza banda larga (UV-E) PTB (Bentham 5541) 2010
04 Arpa Piemonte Kipp&Zonen UV-S-AE-T Irradianza banda larga (UV-A, UV-E) NIST (Kipp&Zonen) 2009
05 Arpa Puglia Kipp&Zonen UV-S-AE-T Irradianza banda larga (UV-A, UV-E) NIST (Kipp&Zonen) 2009
06 Sapienza Univ. Roma Yankee Env. Syst. UVB-1 Irradianza banda larga (UV-E) PTB (QASUME) 2006
07 IBIMET-CNR/LaMMa Solar Light 501A Irradianza banda larga (UV-E) PTB (QASUME) 2008
08 ENEA e Arpa Lazio Solar Light 501A Irradianza banda larga (UV-E) NIST (Brewer #123) 2010
09 Appa Bolzano Solar Light digitale 501 Irradianza banda larga (UV-A) NIST (Solar Light) 2010
10 Appa Bolzano Solar Light digitale 501 Irradianza banda larga (UV-E) NIST (Solar Light) 2010
11 Arpa Valle d'Aosta Kipp&Zonen Brewer MKIV Irradianza spettrale e ozono totale PTB (QASUME) 2010
12 ISAC-CNR ISAC UV-RAD filter rad. Irradianza banda stretta (7 canali) PTB (Bentham 5541) 2006
13 ENEA e Arpa Lazio ENEA F-RAD 02 filter rad. Irradianza banda stretta (13 canali) NIST (Brewer #123) 2010
14 Arpa Valle d'Aosta LibRadtran 1.5 (modello) Irradianza spettrale PTB (Bentham 5541) 2010

 

 Tabella 1 – Strumenti e agenzie partecipanti alla campagna - E' riportato l'istituto al quale le misure sono tracciabili e, tra parentesi, lo strumento o il laboratorio di riferimento.

1 strumenti

Figura 1 - Alcuni strumenti partecipanti - In primo piano, l'ottica dello spettroradiometro di riferimento e, sullo sfondo, alcuni radiometri a banda larga.

Campagna di interconfronto

La campagna si è svolta a cavallo del solstizio estivo, al fine di valutare il funzionamento degli strumenti partecipanti sulla gamma più vasta possibile di angoli solari. Il sole, infatti, sorgeva alle ore 6 solari circa e tramontava alle ore 19. Il minimo angolo solare zenitale del periodo è stato di 22.3° in occasione del solstizio.
La stazione di Saint-Christophe (Aosta, quota 570 m s.l.m.) rappresenta un tipico sito di fondovalle alpino, benché con ampia visuale, ed è stato scelto per la presenza di uno strumento allo stato dell'arte e per il basso livello di inquinamento.
La prima parte dell'interconfronto è stata caratterizzata da nuvolosità e, talvolta, pioggia (le misure ottenute durante le precipitazioni sono state escluse dall'analisi). Gli ultimi quattro giorni, invece, sono stati sereni ed hanno permesso di misurare un UVI di circa 8, un valore tipico a Saint-Christophe durante l'estate.

Metodi di confronto

Poiché gli strumenti che hanno partecipato alla campagna appartengono a classi differenti (spettrali, banda stretta e banda larga) ed operano con tempi di campionamento diversi, non è stato possibile confrontare tutte le serie di misure utilizzando un'unica metodologia.
Il downscaling delle serie a banda larga, ottenute con un tempo di campionamento di 10 secondi, alla risoluzione dello strumento di riferimento, di circa 3 minuti, è stato effettuato con un nuovo algoritmo, appositamente creato per la campagna e facente uso di modelli di trasporto radiativo (Diémoz et al., 2011). Infatti, una semplice interpolazione temporale avrebbe creato, soprattutto nel caso di cielo nuvoloso, oscillazioni fittizie.
Le rimanenti serie, invece, sono state riscalate alla risoluzione temporale dello spettroradiometro Bentham attraverso una interpolazione lineare di misure quasi-simultanee (la massima differenza ammessa nel confronto tra riferimento e strumento in esame era di 1 minuto per i radiometri a banda stretta e di 3 minuti per lo spettrofotometro Brewer).

2 boxplot UVI

Figura 2 - Boxplot dell'UVI per cielo sereno - Rapporto tra le misure di ogni strumento e il riferimento. I lati superiore e inferiore di ogni rettangolo rappresentano i quartili (superiore e inferiore). La linea interna al box, la mediana. I baffi descrivono i valori massimi e minimi, eccetto gli outliers, che sono invece rappresentati come cerchi.

3 boxplot UVI nuvole

Figura 3 - Boxplot dell'UVI per cielo nuvoloso

Risultati e discussione

I risultati sono nel seguito espressi principalmente in termini di mediana e di distanza interquartile (IQR) – stimatori robusti rispettivamente della tendenza centrale e della dispersione –  del rapporto tra le misure degli strumenti in prova e del riferimento. Il boxplot in fig. 2 rappresenta i risultati durante i giorni sereni, quello in fig. 3 i risultati nei giorni nuvolosi.

DEVIAZIONI MEDIE

Innanzi tutto, le misure degli strumenti in prova esibiscono notevoli deviazioni medie rispetto al riferimento: da -16% (strumenti 12 e 13) a +19% (strumento 04). Anche alcuni strumenti appena tarati dalle rispettive case costruttrici mostrano elevati errori sistematici (strumenti 04, 05, 09, 10).
Un buon accordo si verifica, al contrario, per strumenti che condividono lo stesso standard di taratura, presso PMOD-WRC (numeri 01, 02, 03, 06, 07 e 11).
I risultati ottenuti con il radiometro 08 sono compatibili con quanto già riportato in letteratura scientifica (Gröbner, 2006). Al contrario, l'elevata differenza tra riferimento e radiometro 12 ha permesso di scoprire un malfunzionamento dello strumento in prova dovuto al deterioramento di alcune componenti interne e di una deriva nella taratura. Un difetto di coibentazione è stato trovato anche per il radiometro 13 in seguito alla campagna.
Infine, il modello, benché configurato con parametri semplici, mostra un accordo soddisfacente con il riferimento (in media, -0.3% per l'UVI e -1.2% per l'irradianza integrata UV-A).

VARIABILITÀ DIURNA IN CONDIZIONI SERENE

Al fine di esaminare in maggior dettaglio la variazione diurna delle misure degli strumenti in test rispetto al riferimento, il rapporto è stato graficato in funzione dell'angolo solare zenitale (fig. 4).
Le serie elaborate tramite una matrice (strumenti da 01 a 06) mostrano una variabilità diurna inferiore alle serie processate con un'unica costante di taratura (strumenti 07, 09, 10) o con algoritmi empirici, come per il radiometro 08 (Bodhaine et al., 1998).
Le variazioni diurne tra modello e riferimento sono confrontabili con quelle degli altri strumenti.

4 zenitale

Figura 4 - Dipendenza dall'angolo zenitale solare - Rapporti tra misure di UVI per cielo sereno in funzione dell'angolo solare zenitale. Le serie ottenute al mattino (blu) e al pomeriggio (verde) sono graficate separatamente. Gli strumenti sensibili unicamente alla radiazione UV-A non sono riportati in figura.

ASIMMETRIA TRA MATTINO E POMERIGGIO

Diversi strumenti presentano una asimmetria tra le misure del mattino e del pomeriggio. Le cause potrebbero essere un leggero deterioramento della livella a bolla (strumento 01) o una debole dipendenza azimutale (strumento 06) o ancora l'effetto della temperatura o dell'umidità interne (strumenti 05, 11).

5 risultati

Figura 5 - Grafico riassuntivo dei risultati - Valore assoluto della differenza relativa tra strumenti in test e riferimento (asse delle ascisse) e distanza interquartile (asse delle ordinate). Nel testo, è riportata la spiegazione dettagliata dei simboli. I risultati sono relativi all'UVI.

EFFETTO DELLE NUBI

Prendendo in esame l'intera durata della campagna, caratterizzata anche da periodi nuvolosi, e confrontandola con le giornate di cielo sereno, è possibile valutare l'effetto delle nubi sulla qualità delle misure dei radiometri. I coefficienti di taratura dei radiometri, infatti, vengono generalmente determinati tramite modelli di trasporto radiativo nella sola ipotesi di cielo sereno.
Si può constatare che le mediane dei rapporti non cambiano sensibilmente. Al contrario, aumenta notevolmente la distanza interquartile, che in diversi casi, anche in funzione della risposta angolare di ogni radiometro, eccede il 10%. Tale errore è amplificato dagli algoritmi di correzione utilizzati per i radiometri 07 e 08.

PRESTAZIONI GENERALI DEI RADIOMETRI

In figura 5 sono presentate sia le differenze relative dei diversi strumenti dal riferimento nel caso di giorni sereni sia la distanza interquartile dei rapporti. In parentesi, è anche riportato il metodo di correzione. Come si può vedere dalla figura, gli strumenti si possono collocare in alcuni gruppi caratterizzati da prestazioni simili.
Il primo gruppo (colore blu) identifica gli strumenti che condividono la stessa tracciabilità al laboratorio tedesco PTB, attraverso lo standard europeo QASUME o lo spettroradiometro Bentham. Questo fatto mette in assoluta evidenza l'importanza di una scala di riferimento comune e attendibile e l'efficacia di standard viaggianti.
A un secondo gruppo (colore rosso), caratterizzato da deviazioni medio-alte, appartengono gli strumenti tarati presso le rispettive case costruttrici. La “coerenza” tra radiometri tarati dallo stesso produttore è decisamente bassa (gli strumenti 04 e 05 si collocano in punti molto diversi del grafico).
Un terzo gruppo (colore viola) individua gli strumenti prodotti presso i centri di ricerca ENEA e ISAC-CNR. L'interconfronto è stato determinante per identificare problemi strumentali e derive nella taratura.
La stessa figura mette in luce come l'utilizzo di una matrice di taratura sia il metodo più efficace per correggere eventuali errori nella risposta spettrale e angolare.
In generale, si può affermare che le prestazioni dei radiometri italiani, in particolare lo scatter dei dati, potrebbero essere notevolmente migliorate utilizzando gli algoritmi correttivi allo stato dell'arte e pianificando tarature e interconfronti frequenti per monitorare la stabilità strumentale.

Conclusioni

Questo studio è stato indotto dalla necessità di valutare l'accuratezza delle misure di irradianza UV in Italia, anche al fine di progettare una futura rete nazionale.
Il confronto è durato 17 giorni, durante i quali sono stati registrati più di 3000 spettri e acquisiti 140000 campionamenti. Le deviazioni si sono rivelate molto maggiori di quanto previsto e sono stati individuati anche problemi strumentali prima sconosciuti agli operatori.
Dai risultati complessivi dell'interconfronto, emerge che, prima di costituire una rete nazionale, saranno fondamentali sforzi per migliorare la taratura degli strumenti e gli algoritmi di elaborazione.

Bibliografia

Bodhaine B. A. et al., Calibrating broadband UV instrumsnts: ozone and solar zenith angle dependence, J. Atmos. Ocean. Tech., 1998
Casale G. R. et al., Solar UV-B irradiance and total ozone in Italy: fluctuations and trends, J. Geophys. Res., 2000
Diémoz H. et al., First national intercomparison of solar ultraviolet radiometers in Italy, Atmos. Meas. Tech. 2011
Diémoz H. Tracciabilità delle misure ultraviolette solari presso le stazioni di ARPA Valle d’Aosta, V Convegno nazionale degli Agenti Fisici, Novara, 2012
di Sarra A., On the importance of spectral responsivity of Robertson-Berger type ultraviolet radiometers for long-term observations, Photochem. Photobiol., 2002
Gröbner J., Quality assurance of spectral solar UV measurements: results from 25 UV monitoring sites in Europe, 2002 to 2004, Metrologia, 2006
Seckmeyer G. et al. Measurements and trends, in: Twenty years of ozone decline, 2009, Springer
UNEP, Evironmental effects of ozone depletion and its interactions with climate change: 2010 assessment, 2010
Webb A. R. et al., Know your standard: clarifying the CIE erythema action spectrum, Photochem. Photobiol., 2011
WMO, Scientific assessment of ozone depletion: 2010, 2011

Il presente articolo è stato scritto con la collaborazione di: Siani A. M., Casale G. R.: Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Fisica; di Sarra A., Scaglione S.: ENEA; Serpillo B.: Arpa Basilicata; Petkov B.: ISAC-CNR; Bonino A., Facta S.: Arpa Piemonte; Fedele F.: Arpa Puglia; Grifoni D., Zipoli G.: IBIMET-CNR/LaMMa; Verdi L.: APPA Bolzano.

rsa2011-AMB_CEB_A03 Monitoraggio aerobiologico

Nel monitoraggio della qualità dell’aria, oltre agli aspetti chimici e fisici, è importante tenere conto anche di quelli biologici.

Pollini, spore, microalghe e vari tipi di  microrganismi, rappresentano una parte significativa del particolato aerodisperso sia quantitativamente (specialmente nella stagione primaverile), sia qualitativamente, per gli effetti sulla salute umana e per le informazioni che possono fornire sull’ambiente.

Per quel che riguarda in particolare il  monitoraggio dei granuli pollinici e delle spore fungine aerodisperse le Agenzie ambientali, già a partire dai primi anni della loro costituzione, si sono attivate per dar vita a reti regionali e provinciali di monitoraggio aerobiologico anche in assenza di una norma specifica. Successivamente è sorta l’esigenza di uniformare l’attività a livello nazionale, con uno standard comune di acquisizione, gestione e comunicazione dell’informazione. A questo scopo è nata, con la partecipazione di ISPRA e delle Agenzie regionali, la rete italiana di monitoraggio aerobiologico POLLnet (www.pollnet.it), attualmente formata da 57 stazioni di monitoraggio dislocate in 15 regioni. Accedendo al sito POLLnet è possibile avere sia  informazioni di carattere generale, relative per esempio a schede botaniche o  iniziative e informazioni di vario genere, sia informazioni più specifiche riguardo ai bollettini regionali. Parallelamente, ciascuna Agenzia pubblica sul suo sito le informazioni relative alla situazione regionale.

Questo tipo di  attività è finalizzata, tra l’altro, a produrre informazioni utili nella diagnostica, nella clinica, nella terapia e nella prevenzione di patologie allergiche respiratorie.

All’interno della rete sono stati costituiti numerosi gruppi di lavoro, con il compito di approfondire alcuni aspetti di grande importanza, come ad esempio lo sviluppo di modelli previsionali (modelli numerici per la previsione quantitativa della concentrazione di pollini e spore fungine), la standardizzazione  e l’unificazione della raccolta dei dati e della loro comunicazione, la valutazione delle prestazioni della rete di monitoraggio e la qualificazione degli operatori,  anche attraverso l’esecuzione di ring test e l’organizzazione di corsi di aggiornamento.

Lo svolgersi in modo continuativo del monitoraggio aerobiologico consente, inoltre, di avere a disposizione una banca dati di concentrazione giornaliera dei pollini allergenici e non. Questo database è un punto di partenza per un’analisi delle variazioni delle caratteristiche ambientali. Il monitoraggio della concentrazione del polline in atmosfera infatti può avere un importante ruolo come indicatore della risposta delle piante ai cambiamenti climatici, dal momento che l’andamento delle fenofasi è fortemente influenzato da fattori metereologici, in particolar modo la temperatura e l’umidità dell’aria. Alcune Arpa , come ad esempio l’Arpa Emilia Romagna, hanno iniziato quest’attività alla fine degli anni 80 e quindi dispone di una serie storica che raggiunge i 25 anni. Per effettuare un’analisi significativa dal punto di vista statistico è necessario possedere i dati relativi ad un periodo piuttosto lungo (almeno 30 anni).

E’ perciò importante, anche in quest’ottica, il ruolo della rete POLLnet con il contributo sia del coordinamento di Ispra che dei vari esperti delle Agenzie regionali, per individuare uno o più indicatori significativi della concentrazione pollinica in atmosfera, tali da poter essere messi in correlazione da un lato con altri indicatori della qualità dell’aria, contribuendo a definirla, dall’altro con i dati metereologici e meteoclimatici.

Arpa Valle d’Aosta ha iniziato l’attività di monitoraggio aerobiologico giornaliero delle concentrazioni polliniche e delle spore fungine aerodisperse a partire dal 1999, presso le stazioni di Aosta- St. Christophe (circa 600 s.l.m.) e di Cogne-Gimillan (circa 1.780  s.l.m.)

In questo approfondimento si vuole descrivere la stagione pollinica di tre tipi di piante (ontano bianco, graminacee e castagno), tramite alcuni parametri descrittivi, ampiamente utilizzati in studi scientifici a livello universitario e da altre Agenzie regionali:

Indice pollinico annuo: somma cumulata delle concentrazioni giornaliere annue.

Data di inizio della stagione pollinica: giorno in cui la somma cumulata della concentrazione giornaliera raggiunge il 5% rispetto alla concentrazione totale annua.

Data di massima fioritura:  giorno in cui la somma cumulata della concentrazione giornaliera raggiunge il 50% rispetto alla concentrazione totale annua.

Data di fine stagione pollinica: giorno in cui la somma cumulata della concentrazione giornaliera raggiunge il 95% rispetto alla concentrazione totale annua.

Durata della stagione pollinica: numero di giorni compresi tra la data di inizio e la data di fine della stagione pollinica.

I dati analizzati sono calcolati sulle medie delle  tre decadi di ciascun mese e comprendono un periodo temporale di 12 anni, dal 2000 al 2012. Non sono si sono volutamente considerati i dati relativi al 1999, anno in cui è iniziata l’attività di monitoraggio aerobiologico presso l’ARPA Valla d’Aosta.

Tutti i dati sono stati raccolti dalla stazione di monitoraggio di Aosta.

La scelta delle tipologie polliniche è stata dettata dalla stagionalità della produzione del polline, rispettivamente invernale (ontano bianco), primaverile (graminacee) ed estiva (castagno).Tuttavia è possibile che non si tratti delle tipologie più adatte per studiare delle correlazioni statisticamente significative con i dati metereologici, in grado di mettere in luce dei cambiamenti correlabili alle variazioni climatiche: pertanto nel corso dell’attività e con il confronto con gli altri enti che svolgono attività analoghe si approfondirà il tema della scelta delle specie, tra quelle monitorate, su cui applicare i metodi di analisi in via di messa a punto. (Si deve anche tener presente che sono necessarie, a tale scopo, serie storiche di dati molto più ampie.)

In definitiva si tratta di un inizio di elaborazione dei parametri sopradescritti, che sarà soggetto negli anni a cambiamenti ed aggiustamenti, anche in relazione alle indicazioni che gli esperti della rete POLLnet daranno, sia per quanto riguarda le specie polliniche da considerare, che per il tipo di indici da utilizzare per l’analisi statistica dei dati. Il fine ultimo è infatti arrivare ad una elaborazione di dati a livello nazionale.

I dati sono presentati sotto forma di grafici, ma non sono stati sottoposti ad alcun tipo di analisi statistica, da un lato perché la serie storica  non è ancora sufficientemente ampia e dall’altro perché non sono ancora state svolte le necessarie elaborazioni dei dati meteo-climatici registrati nei medesimi anni. Questo tipo di elaborazione statistica vedrà la collaborazione dell’area biologia del laboratorio ARPA con l’area che si occupa dello studio degli effetti sul territorio dei cambiamenti climatici.

Ontano bianco

(Alnus incana)

 amb ceb a01 fig1
Famiglia Betulacee
Origine Europa centrale e nordorientale
Habitat Specie comune lungo le sponde dei corsi d'acqua. In Italia si trova nelle Alpi fino a 1800 metri e sull'Appennino settentrionale.
Fioritura da febbraio ad aprile

amb ceb a01 fig2

Il grafico sopra riportato descrive i parametri relativi alla fioritura dell’Ontano bianco nel periodo considerato.

Si può notare che la data di inizio della stagione pollinica è molto variabile da un anno all’altro, con una differenza massima di quattro dedadi (22 gennaio nel 2007 - 2 marzo nel 2010).

Anche la data di fine pollinazione segue lo stesso andamento con una differenza massima di tre decadi (fine febbraio nel 2001 – fine marzo nel 2006).

La durata della stagione pollinica invece risulta piuttosto costante, ed è di circa tre o quattro decadi, con l’eccezione del 2001 (poco più di una decade) e del 2010 (poco più di due decadi).

La data di massima fioritura risulta essere in sette casi vicina a quella di inizio della stagione pollinica (2000, 2001, 2002, 2004, 2009, 2010, 2011), negli altri cinque anni si trova invece più spostata verso la metà o la fine della stagione (2003, 2005, 2006, 2007, 2008).

Questa variabilità è senz’altro collegata a fattori metereologici, oltre che a fattori intrinsechi alla pianta stessa. Per poterla comprendere appieno e quindi spiegare,  sono necessari approfondimenti riguardo alla fenologia di questa specie vegetale ed ai vari fattori che la condizionano.

amb ceb a01 fig3

I dati relativi alla quantità di pollini prodotta, nell’arco di una stagione pollinica, risultano meno variabili. Limitandosi ad un’osservazione visiva degli istogrammi solo due annate risultano discostarsi nettamente dalle altre (2005 e 2008). E’ evidente che per esprimere un qualsiasi giudizio tuttavia è necessario effettuare un’attenta analisi statistica dei dati.

Per quel che riguarda la durata della stagione pollinica in questo grafico appare ancora più evidente quanto detto precedentemente, si osserva cioè un andamento piuttosto costante nei diversi anni ed un discostarsi netto del 2001, la cui stagione appare decisamente più corta rispetto agli altri anni. A questa breve durata non corrisponde tuttavia un indice pollinico annuo basso. Il 2001 sembra perciò essere stato un anno molto particolare per L’Ontano bianco che in pochi giorni (circa 10) ha prodotto una quantità di pollini paragonabile a quella delle altre annate, con stagione pollinica molto più lunga.

Considerazione opposta può essere fatta per il 2005, anno in cui sono stati prodotti pochi pollini in un  arco di tempo lungo.

Da queste poche osservazioni appare  evidente la necessità di approfondire la conoscenza del fenomeno, arricchendola di ulteriori osservazioni e specialmente di un’ analisi statistica adeguata sia dei parametri pollinici che dei fattori metereologici che possono averli condizionati.

amb ceb a01 fig4

Il grafico soprastante rappresenta l’andamento della concentrazione di polline di Ontano bianco dal 2000 ad oggi. La linea verde rappresenta la media della concentrazione del suddetto polline, calcolata con una cadenza di dieci giorni, relativa al 2011. La linea nera rappresenta la media della concentrazione di polline, calcolata per i medesimi intervalli di tempo, dal 2000 al 2010. L'area grigia raffigura la variabilità della concentrazione di polline relativa agli anno 2000-2010 sottoforma di deviazione standard.

Si può notare che per la media calcolata per l’anno in considerazione, il 2011, ricade interamente nell’intervallo di variabilità calcolato per il periodo di tempo sopraindicato (2000 – 2011).

Appare evidente come l’informazione contenuta in questo tipo di elaborazione grafica riassume le informazioni contenute nei grafici precedenti, dando evidenza del periodo di pollinazione e della sua durata media, oltre che dell’Indice pollinico annuo e quindi della quantità di pollini prodotta. Tale informazione è inoltre arricchita dall’elaborazione statistica dei dati.

Graminacee

 amb ceb a01 fig5
Famiglia Famiglia di piante erbacee, con fiori riuniti in spighette, comprende i cereali ad uso alimentare e numerose piante spontanee molto resistenti, per un totale di circa 5.000 specie vegetali molto diverse tra di loro.
Origine  
Habitat Ogni zona climatica, coprendo anche diverse fasce altitudinali.
Fioritura Fioritura primaverile che si protrae per tutta l’estate nella nostra regione.

amb ceb a01 fig6

Il grafico sopra riportato descrive i parametri relativi alla fioritura delle Graminacee
Si può notare che la data di inizio della stagione p

ollinica risulta essere piuttosto costante da un anno all’altro, attestandosi per 9 anni (2000, 2001, 2002, 2004, 2005, 2006, 2008, 2009, 2010)intorno alla prima decade di maggio. Nel 2007 e nel 2011 è leggermente anticipata  (di circa una decade) rispetto agli altri anni, mentre nel 2003 è leggermente posticipata.

Anche la data di fine pollinazione segue un  andamento simile, mostrando però una maggiore variabilità (variando da una  data massima corispondente alla  prima decade di settembre nel 2011 ad una data minima corrispondente alla seconda decade di luglio nel 2006).

Questa variabilità si ripercuote anche sulla durata della stagione pollinica (da circa quattro decadi nel 2006 a circa sette decadi nel 2011). Nelle altre annate considerate la durata risulta invece essere di circa quattro o cinque decadi.

La data di massima fioritura risulta costantemente essere molto vicina alla data di inizio pollinazione.

Anche nel caso delle Graminacee le variabilità osservate sono senz’altro collegate a fattori metereologici, oltre che a fattori intrinsechi alla pianta stessa.

amb ceb a01 fig7

I dati relativi alla quantità di pollini prodotta, nell’arco di una stagione pollinica, risultano variabili da un massimo di circa 5.000 ad un minimo di circa 2.000 pollini per metro cubo di aria. Limitandosi ad un’osservazione visiva degli istogrammi quattro annate (2000, 2001, 2006,2007) risultano superare  i 4.000 pollini /m3, mentre soltanto nel 2003 la concentrazione pollinica scende attorno ai 2.000 pollini/m3. E’ evidente che, anche in questo caso,  per esprimere un qualsiasi giudizio è necessario effettuare un’attenta analisi statistica dei dati.

Per quel che riguarda la durata della stagione pollinica, in questo grafico appare ancora più evidente quanto detto precedentemente, si osserva cioè un andamento piuttosto costante nei diversi anni ed un discostarsi netto del 2006 e del 2011. La quantità totale di pollini prodotta non sembra essere in relazione alla durata della stagione pollinica, probabilmente in ragione del fatto che, come già detto, la data di massima pollinazione è sempre molto vicina a quella di inizio: si deduce perciò che la maggior parte dei pollini viene prodotta nella prima parte della stagione di pollinazione.

amb ceb a01 fig8

Il grafico soprastante rappresenta l’andamento della concentrazione di polline di Graminacee dal 2000 ad oggi. La linea verde rappresenta la media della concentrazione del suddetto polline, calcolata con una cadenza di dieci giorni, relativa al 2011. La linea nera rappresenta la media della concentrazione di polline, calcolata per i medesimi intervalli di tempo, dal 2000 al 2010. L'area grigia raffigura la variabilità della concentrazione di polline relativa agli anno 2000-2010 sottoforma di deviazione standard.

Si può notare che per la media calcolata per l’anno in considerazione, il 2011, non ricade interamente nell’intervallo ci variabilità calcolato per il periodo di tempo sopraindicato (2000 – 2011), ma al contrario oltre ad avere una data di inizio pollinazione ed il picco di massima pollinazione leggermente anticipati rispetto alla media, presenta anche una coda più lunga nel periodo di fine pollinazione. Tutto ciò denota una stagione pollinica diversa dalla media per motivi necessitano di un attento approfondimento.

Castagno

(Castanea sativa)

 amb ceb a01 fig9
Famiglia Fagacee
Origine  
Habitat In Europa nelle regioni montuose temperate e temperato-calde ed è coltivato fra i 300 e i 1000-1200 m s.l.m, in funzione della latitudine e delle caratteristiche climatiche delle singole zone.
Fioritura La fioritura si verifica fra inizio giugno e metà luglio in funzione della latitudine e delle condizioni stagionali.

E’ una  pianta  di importanza sia  agraria che forestale ed occupa un posto di primaria importanza fra le piante economiche dell’Europa Mediterranea.

amb ceb a01 fig10

Il grafico sopra riportato descrive i parametri relativi alla fioritura del Castagno.

Si può notare che la data di inizio della stagione pollinica è piuttosto costante nel tempo, con un range di differenza massima di circa una decade. In particolare per sette anni la data di inzio pollinazione appare pressochè la stessa (2000, 2001, 2002, 2004, 2005, 2006, 2009), per tre anni appare leggermente anticipata ( 2003, 2007 e 2011) e per altri due anni appare leggermente posticipata (2008 e 2010).

La data di fine pollinazione, invece,  segue un andamento  meno costante. Ciò ha un riscontro anche nella durata della stagione pollinica, che va da un minimo di poco più di due decadi (2003, 2005, 2010) ad un massimo di quasi quattro decadi (2004, 2007, 2011).

Anche la data di massima fioritura risulta  essere piuttosto variabile e si presenta talvolta pittosto vicina all’inizio e  talvolta intorno alla metà della stagione pollinica.

amb ceb a01 fig11

I dati relativi alla quantità di pollini prodotta, nell’arco di una stagione pollinica, risultano piuttosto  variabili, ma in un range di concentrazione più limitato rispetto a quelli considerati precedentemente (Ontano bianco e Graminacee), da poco più di 2.000 pollini/m3 a  circa 1.000 pollini /m3.
E’ evidente che, anche in questo caso,  per esprimere un qualsiasi ipotesi di spiegazione è necessario effettuare un’attenta analisi statistica dei dati.

Per quel che riguarda la durata della stagione pollinica in questo grafico appare ancora più evidente quanto detto precedentemente, si osserva cioè un andamento piuttosto costante, che copre un periodo di circa tre decadi, con le annate 2003, 2005 e 2010 che si caratterizzano per una durata leggermente più breve  del periodo di produzione dei pollini e le annate 2004, 2007 e 2011, al contrario, risultano avere una durata leggermente più lunga.  La quantità totale di pollini prodotta, tuttavia, non sembra essere in relazione alla durata della stagione pollinica.

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Il grafico soprastante rappresenta l’andamento della concentrazione di polline di Castagno dal 2000 ad oggi. La linea verde rappresenta la media della concentrazione del suddetto polline, calcolata con una cadenza di dieci giorni, relativa al 2011. La linea nera rappresenta la media della concentrazione di polline, calcolata per i medesimi intervalli di tempo, dal 2000 al 2010. L'area grigia raffigura la variabilità della concentrazione di polline relativa agli anno 2000-2010 sottoforma di deviazione standard.

Si può notare che per la media calcolata per l’anno in considerazione, il 2011, ricade interamente nell’intervallo di variabilità calcolato per il periodo di tempo sopraindicato (2000 – 2011).

rsa2011-AMB_ACQ_A09 Modello preliminare di flusso della falda per la piana di Aosta mediante apposito codice numerico

Nell’ambito della Delibera Regionale n. 1900 del 10/07/2009, l’Amministrazione regionale ha incaricato ARPA  di implementare un modello numerico preliminare delle acque sotterranee per la piana di Aosta,  sviluppato con la consulenza scientifica dell’Università Milano Bicocca e sulla base di numerosi dati stratigrafici, idrogeologici e meteorologici a disposizione di ARPA.

Un modello numerico di flusso è essenzialmente uno strumento in grado di riprodurre su computer, tramite apposito codice (MODFLOW, sviluppato dal Servizio Geologico Americano), l’andamento della falda in funzione delle reali voci di bilancio idrico sotterraneo, quali gli scambi tra fiume e falda, i prelievi dai pozzi e l’alimentazione del sistema (apporti da reticolo superficiale, sotterraneo e meteorici).
Il modello viene dapprima tarato sula base delle reali misure di campo (es. misura dei livelli nei piezometri, portate dei corsi d’acqua) nonchè dei dati meteorologici (es. infiltrazione) e stratigrafici (es. conducibilità idraulica del sottosuolo); quando l’andamento della falda simulato dal modello riproduce con buona approssimazione quello reale (derivante dall’elaborazione dei livelli dei piezometri) Esso può successivamente  essere usato per simulare futuri scenari di evoluzione dell’andamento della falda, costituendo un prezioso mezzo di gestione quantitativa e qualitativa della risorsa idrica, particolarmente utile a livello previsionale per supportare delicate scelte gestionali quali ad es.:

 

  • la valutazione dell’ubicazione ottimale di un nuovo pozzo e la quantificazione del suo impatto sulla risorsa idrica totale;
  • l’interferenza tra pozzi nuovi e pozzi, o contaminazioni, preesistenti;
  • l’effetto esercitato da eventi meteorici particolari (es. anni siccitosi) sulla disponibilità idrica sotterranea;
  • la definizione delle fasce di rispetto dei pozzi;
  • lo studio di problematiche relative al trasporto di contaminanti in falda;
  • lo studio della reimmissione in falda in sistemi geotermici aperti (studio dell’impatto termico);

Bisogna considerare che un modello può essere aggiornato man mano che si acquisiscono nuove conoscenze relative al sistema idrogeologico, al fine di acquisire progressivamente maggiore capacità previsionale sul lungo termine; a tale proposito, l’obiettivo che ci si pone ora è quello di affinare le valutazioni riguardanti ad es. l’incidenza dei cambiamenti climatici sulle riserve idriche sotterranee, o casi complessi di trasporto degli inquinanti in falda da contaminazioni presenti sul territorio.

1 distribuzione conducibilita

2 piezometria simulata

rsa2011-TER_BON_A01 Applicazione dell’Analisi di rischio sito specifica ai siti potenzialmente contaminati

L'Analisi di rischio sanitario-ambientale è uno strumento decisionale nella gestione dei siti contaminati: essa consente di valutare, in via quantitativa, i rischi per la salute umana connessi alla presenza di inquinanti nelle matrici ambientali, suolo superficiale, suolo profondo e falda e, quindi, di valutare come procedere nella gestione del sito potenzialmente contaminato
Essa si fonda su una serie di formule, codificate a partire dagli anni ‘80 negli USA, che tendono a schematizzare le vie di trasporto e di esposizione per le diverse tipologie di contaminazione.
La procedura diretta dell’Analisi di rischio consiste nel calcolare le concentrazioni di inquinante a cui è sottoposto un recettore umano, e nel valutare se l’assunzione di dette concentrazioni può essere dannosa (incremento della mortalità o dei tumori).

Come evidenziato nello schema indicante i principali fattori che portano alla definizione del rischio per la salute umana, qui sotto riportato, i parametri esposizione e trasporto sono strematamene correlati alla realtà del sito ove si è verificata la contaminazione (caratteristiche del terreno e delle acque sotterranee e realtà abitativa o produttiva insistente sul sito) e costituiscono quindi il fulcro della sito specificità dell’analisi di rischio.

1 calcolo rischio sanitario

 Figura 1 - Calcolo del rischio sanitario ambientale

La normativa italiana prevede, a seguito del superamento delle CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) nelle matrici ambientali suddette, una applicazione inversa dell’analisi di rischio, volta a calcolare le concentrazioni iniziali di contaminante al di sotto delle quali non esiste rischio per i recettori (Concentrazioni Soglia di Rischio - CSR) e quindi definire i limiti di contaminazione accettabili sito specifici.

Volendo approfondire, qui di seguito viene riportato il modello concettuale alla base dell’analisi di rischio, ovvero  lo schema completo di tutti i meccanismi di trasporto,  le vie di esposizione e i bersagli  previsti in sede di analisi di rischio.

2 modello concettuale

Figura 2 - Modello concettuale

L’intera procedura è gestita ed elaborata mediante appositi applicativi informatici, ma la sua corretta applicazione necessita della esatta identificazione dei meccanismi di trasporto, delle vie di esposizione e dei possibili recettori. L’elaborazione e la validazione di tale procedura deve quindi essere eseguita da tecnici specializzati.
ARPA Valle d’Aosta partecipa al gruppo di lavoro istituito presso ISPRA per la definizione dei criteri metodologici per l’applicazione dell’Analisi di rischio.

rsa2011-TER_NIR_A02 Monitoraggio delle cabine secondarie MT/BT di uso civile su tutto il territorio regionale della Valle d’Aosta

La regione Valle d’Aosta con legge regionale 15 dicembre 2006, n.32 (CAPO IV, art.18) ha istituito, nell’ambito del sistema informativo territoriale, il catasto regionale degli elettrodotti con tensione superiore a 1000 Volt. I gestori delle reti di trasmissione e distribuzione di energia elettrica hanno fornito la mappa completa delle proprie reti, contenente anche i punti di installazione delle cabine di trasformazione media-bassa tensione (MT/BT) presenti sull’intero territorio regionale. Sulla base delle informazioni georiferite contenute nel catasto, ARPA Valle d’Aosta ha pianificato dei sopralluoghi presso le cabine di trasformazione con duplice scopo: verificare il rispetto dei limiti normativi e valutare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici generati dalle cabine stesse nelle aree circostanti, con particolare attenzione ai luoghi abitativi. Questo lavoro ha permesso di monitorare le cabine presenti sull’’intero territorio regionale, di individuare quelle che determinano i livelli di esposizione più significativi per la popolazione, di mettere in opera le eventuali azioni di risanamento necessarie nonché di implementare un database aggiornato e completo di tutte le informazioni relative ad ogni singola cabina monitorata.

INTRODUZIONE

Una cabina elettrica di trasformazione secondaria è costituita dall’insieme dei dispositivi (trasformatori, conduttori, apparecchiature di misura e controllo ed altre macchine elettriche) dedicati alla conversione della corrente in media tensione (MT) utilizzata nella rete di distribuzione dell’energia, in genere a 15 kV, in corrente in bassa tensione (BT), in genere a 400 V, adeguata per le utenze finali. Le cabine elettriche possono essere di pertinenza della società di distribuzione dell’energia elettrica o di proprietà dell’utente, possono alimentare sia utenze civili (abitazioni, scuole, ospedali, ecc.) sia utenze di tipo industriale con fornitura dalla rete pubblica in MT.

Diverse sono le tipologie di cabine di trasformazione esistenti:

  1. cabine in muratura, alte o basse a seconda che siano allacciate a linee aeree o in cavo (fig. 1);
  2. cabine urbane alimentate in cavo interrato, sovente realizzate in appositi locali ricavati nei sotterranei degli edifici (fig. 2);
  3. posto di trasformazione su palo (PTP) per modeste potenze fino ad un massimo di 100 kVA (fig. 3).

La trasformazione della tensione da media a bassa comporta che nei circuiti delle cabine si possano avere valori di corrente piuttosto elevati che, localmente, possono generare valori di campo magnetico a 50 Hz significativi. Poiché tali cabine sono adibite alla distribuzione finale dell’energia elettrica esse sono spesso installate all’interno di edifici e possono quindi confinare con luoghi abitativi.

Lo scopo del lavoro presentato è stato quello di esaminare tutte le cabine di trasformazione MT/BT presenti sul territorio valdostano, per individuare quelle suscettibili di provocare esposizione della popolazione al campo magnetico, eseguire in questi casi i rilievi e mettere in atto le eventuali azioni di risanamento. Inoltre tale lavoro ha permesso di realizzare un database completo delle informazioni di ubicazione, tipologia e intervento realizzato sulla singola cabina.

Figura 1 - Cabine MT/BT in muratura; a sinistra, cabina per alimentazione da cavo interrato; a destra, cabina per alimentazione da linea aerea.

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Figura 2 – Cabina urbana alimentata in cavo interrato posta al piano seminterrato di una abitazione civile

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Figura 3 – Posto di trasformazione su palo.

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MATERIALI E METODI

LEGISLAZIONE

La normativa vigente applicabile alle cabine di trasformazione secondarie è la Legge n.36 del 22/02/01 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.55 del 7 marzo 2001) con relativo decreto applicativo DPCM 08/07/03 “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti” (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.200 del 29 agosto 2003).

I livelli di riferimento previsti dal suddetto decreto sono descritti in Tabella 1.

Tabella 1 - Limiti normativi di riferimento per la protezione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici.

Tipo di campo Limiti di esposizione Valori di attenzione Obiettivi di qualità
Elettrico 5000 V/m Non previsto Non previsto
Magnetico 100μT 10μT 3μT

Il limite di esposizione è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione.
Il valore di attenzione è, invece, il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate di persone. Esso costituisce misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo temine e deve essere raggiunto nei tempi e nei modi previsti dalla legge.
Infine l’obiettivo di qualità identifica quei valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi.
Il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità sono da intendersi come mediana dei valori nell’arco delle 24 ore nelle normali condizioni di esercizio della rete.
Valore di attenzione ed obiettivo di qualità sono riferiti ad esposizione prolungata e sono quindi definiti solo per il campo magnetico in quanto il campo elettrico generato dagli elettrodotti viene schermato molto facilmente dalla struttura stessa degli edifici e l’interazione con il corpo umano è di tipo superficiale: al di sotto della soglia di esposizione indicata nella normativa (5000 V/m) non si verificano interazioni.
Nel caso delle cabine MT/BT, il campo elettrico è schermato dalla struttura medesima della cabina.

STRUMENTAZIONE DI MISURA

Nei casi in cui si è reso necessario eseguire rilievi di campo è stata utilizzata la seguente strumentazione:

  • per le misure puntuali ed istantanee, misuratore di campo di induzione magnetica EMDEX II caratterizzato da una risposta in frequenza nell’intervallo 40 Hz ÷ 800 Hz e da un intervallo di misura dell’induzione magnetica di 0,01 µT ÷ 300 µT;
  • per le misure in continuo, necessarie al fine di caratterizzare l’andamento del campo di induzione magnetica in funzione del carico di corrente transitante nel trasformatore della cabina, misuratore di campo EMDEX LITE caratterizzato da una risposta in frequenza nell’intervallo 40 Hz ÷ 800 Hz e da un intervallo di misura dell’induzione magnetica di 0,01 µT ÷ 70 µT.

Le rilevazioni sono state effettuate in conformità alla norma CEI 211-6 “Guida per la misura e la valutazione dei campi elettrici e magnetici nell’intervallo di frequenza 0 Hz ÷ 10 kHz, con riferimento all’esposizione umana”.

METODO

Il catasto regionale degli elettrodotti a media tensione è stato redatto dalla Regione Autonoma della Valle d’Aosta e contiene le informazioni georeferenziate sul percorso delle linee e la tipologia delle cabine di trasformazione secondarie MT/BT di tutto il territorio regionale (fig. 4), le informazioni amministrative sulle autorizzazioni rilasciate e alcuni dati tecnici inerenti agli impianti.

Le informazioni presenti nel database e importanti al fine dell’utilizzo nello studio presentato sono:

  • per le linee in media tensione: data del rilascio dell’autorizzazione da parte dell’ente competente, tipo di linea (cavi MT interrati o linee aeree) e lunghezza della linea;
  • per le cabine di trasformazione: nome e numero identificativo, data di rilascio dell’autorizzazione da parte dell’ente competente, coordinate cartografiche del punto di installazione (xUTM e yUTM) e potenza del trasformatore presente all’interno (in kVA).

La precisione con la quale i punti di installazione delle cabine sono stati riportati non è tale da permettere però, solo tramite l’analisi della cartografia, di discriminare quelle effettivamente confinanti con luoghi adibitivi a presenza prolungata di persone da quelle lontane da tali zone, inoltre la cartografia di base disponibile non è aggiornata agli edifici di ultima realizzazione.
Pertanto, sulla scorta delle precedenti osservazioni, è stato deciso di effettuare dei sopralluoghi presso tutte le cabine MT/BT di uso civile, di qualunque potenza, presenti sul territorio della Valle d’Aosta ed indicate nel catasto.

Figura 4 – Cartografia della regione Valle d’Aosta con indicate le ubicazioni delle cabine MT/BT e un dettaglio sul comune di Aosta.

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Lo scopo dei sopralluoghi è stato pertanto quello di individuare le cabine, con particolare attenzione a quelle confinanti con luoghi adibiti a presenza prolungata di persone e di procedere, qualora ritenuto necessario, all’effettuazione di misure per verificare sia il rispetto dei limiti normativi sia l’esposizione della popolazione ai campi magnetici generati da tali sorgenti.
Nella maggioranza dei casi è stato immediato individuare la cabina e verificare che essa fosse lontana da abitazioni. In alcune occasioni invece non è risultata subito chiara l’ubicazione in quanto gli impianti erano installati all’interno degli edifici e non erano sempre accessibili dall’esterno.
Quando la cabina si trovava lontana da qualsiasi luogo adibito a presenza prolungata di persone (vedi ad esempio Figura 1), durante il sopralluogo sono state scattate solamente alcune fotografie mentre, in tutti quei casi in cui uno qualunque dei lati del locale cabina era adiacente ad un luogo di possibile transito e/o permanenza prolungata di persone, sono state eseguite anche misure di campo magnetico nei locali confinanti.

Il metodo di misura applicato nell’indagine è in linea con quanto consigliato dalla norma CEI 211-6, data di pubblicazione 01-2001, e dal DM 29 maggio 2008 “Approvazione delle procedure di misura e valutazione dell’induzione magnetica” (pubblicato sulla G.U. n°153 in data 02/07/2008) e prevede:

  • nell’intorno della cabina: eventuali misure preliminari al fine di individuare le zone con valori di campo magnetico più elevati e decidere se procedere con le misure istantanee e prolungate;
  • nei locali in cui non è prevista la permanenza prolungata di persone, ma il solo transito: l’effettuazione di misure in diversi punti opportunamente individuati al fine di caratterizzare le zone in cui il campo magnetico generato è maggiore;
  • nei locali adibiti a permanenza prolungata di persone: l’effettuazione di misure istantanee nei quattro angoli e nel centro stanza, ad 1 m di altezza dal piano di calpestio e, nel caso in cui la cabina fosse posta sotto il locale, anche a 10 cm dal pavimento e, ogni qualvolta i livelli di campo rilevati nelle misure istantanee assumano valori sensibilmente più alti del fondo, l’esecuzione di rilevi prolungati nel tempo ad intervalli di rilievo pari a 30 secondi.

Per le cabine di trasformazione MT/BT non esistono sistemi di registrazione sistematici dei flussi di corrente per poter effettuare elaborazioni con dati storici ed estrapolazioni sui dati rilevati come si fa comunemente con gli elettrodotti ad alta tensione.
Quindi per le cabine a servizio delle abitazioni situate in luoghi prettamente a carattere turistico, è stato necessario effettuare le misure nelle stagioni di maggior affluenza di persone per essere certi di eseguire il rilievo in un periodo di alta richiesta di energia elettrica e, quindi, di maggior carico per la cabina stessa.
Inoltre alcune cabine sono situate nei comprensori sciistici, principalmente nei pressi delle stazioni degli impianti di risalita delle piste. In questi casi è stato necessario effettuare i controlli durante la stagione invernale, quando cioè gli impianti sono in funzione. Anche in questo caso le misure sono state effettuate nei locali più prossimi alla cabina che coincidevano, quasi sempre, con la postazione di lavoro dell’operatore addetto al funzionamento degli impianti stessi.

RISULTATI

SOPRALLUOGHI E MISURE

Le cabine ad oggi presenti sul territorio regionale sono poco più di 1800, il 10% circa si trova nel comune di Aosta. Finora ne sono state esaminate circa il 98%.
Tra le cabine visionate solo nel 4% circa dei casi, è stato ritenuto necessario effettuare misure di controllo, di cui il 50% circa ricade nel comune di Aosta. Questo era prevedibile in quanto il comune di Aosta, essendo un centro abitato densamente popolato, ha più probabilità di avere cabine elettriche vicine ad abitazioni o a luoghi a permanenza prolungata di persone.
Una volta definita la necessità di approfondire l’indagine mediante rilievi, è stato necessario, non senza difficoltà, individuare e contattare le persone che utilizzavano i locali, le abitazioni (a volte seconde case occupate saltuariamente), i luoghi di lavoro e fissare gli incontri per l’esecuzione dei rilievi. Alla data attuale rimangono ancora degli interventi da svolgere proprio per la difficoltà di accesso ai locali.
In Tabella 2 è riportata una sintesi dell’attività svolta. Sono stati inseriti solo i comuni in cui alcune delle cabine presenti sono state oggetto di misurazioni oppure non sono ancora state monitorate.

Tabella 2 – Numero di misure preliminari, istantanee e prolungate e numero di cabine mancanti.

COMUNE n° cabine Percentuale rispetto al totale regionale Non visionate n° misure preliminari n° misure istantanee n° misure prolungate
Aosta 193 10,5% 1 9 20 7
Saint-Vincent 45 2,5%     1  
Gressan 57 3,1% 1   4  
Saint-Christophe 44 2,4% 1      
Courmayeur 88 4,8% 9   2  
Verrès 28 1,5%     1  
Donnas 23 1,3%     1 1
Valtournenche 98 5,4% 6 1 5 1
La Salle 38 2,1%   1    
Morgex 34 1,9%   1 1  
Pollein 28 1,5%   1    
Cogne 27 1,5%   1 1 1
Ayas 71 3,9% 9   3 1
Saint-Marcel 22 1,2%     1  
Hone 23 1,3%     1  
Prè-Saint-Didier 24 1,3%     2  
Brusson 30 1,6% 1   1  
Gressoney-Saint-Jean 29 1,6%     1  
La Thuile 47 2,6%     2  
Torgnon 21 1,1% 1      
Champorcher 15 0,8% 1      
Saint-Rhémy-en-Bosses 15 0,8% 2      
Gressoney-la-Trinité 26 1,4% 6   1  
Valgrisenche 11 0,6%   1    
Chamois 8 0,4% 2      
TOTALE 40 15 48 11

Nella maggioranza dei casi in cui sono state effettuate le misure, i valori di campo magnetico rilevati istantaneamente si mantenevano ampiamente al di sotto di 1 µT e anche le eventuali misure prolungate hanno fornito valori molto inferiori al valore di attenzione.

Nelle situazioni in cui i valori istantanei misurati durante i sopralluoghi sono risultati maggiori dell’obiettivo di qualità di 3 µT, le successive misure prolungate nel tempo hanno invece fornito valori delle mediane sulle 24 h più basse.

In un caso, però, durante un primo sopralluogo sono stati misurati valori istantanei dell’ordine di 5 µT e, siccome si trattava di un alloggio situato in un complesso residenziale prevalentemente ad uso turistico, le misure prolungate nel tempo sono state effettuate in un periodo di alta stagione (Ferragosto) e quindi di elevata richiesta di corrente. Il risultato del monitoraggio in continuo è riportato nel grafico di Figura 5. Si vedono chiaramente alcuni valori istantanei superiori al valore di attenzione di 10 µT, però il calcolo della mediana giornaliera ha prodotto risultati massimi di poco superiori a 2 µT. Nonostante il periodo di vacanza, gli alloggi utilizzati nel complesso erano circa il 10% di quelli disponibili, sarà quindi necessario effettuare ulteriori indagini in altri momenti dell’anno in cui l’affluenza sia più rilevante.

Figura 5 - Misure in continuo di campo magnetico, valori espressi in µT

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DATA BASE

Un ulteriore risultato ottenuto in questo lavoro è stato la realizzazione di un database completo ed aggiornato di tutte le informazioni raccolte durante i sopralluoghi sull’ubicazione della cabina e sull’intervento effettuato. In Figura 6 viene riportata la maschera del database con tutte le informazioni che è possibile inserirvi.

Figura 6 – Maschera del database realizzato da ARPA per immagazzinare tutti i dati relativi alle cabine di trasformazione MT/BT del territorio regionale. In rosso i commenti sulle varie informazioni presenti.

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Questo strumento risulta indispensabile per archiviare in modo omogeneo le informazioni relative a tutte le cabine presenti sul territorio regionale ed agli interventi effettuati al fine di poter recuperare tali informazioni a distanza di tempo dagli interventi.

CONCLUSIONI

Per la loro struttura e la loro funzione di fornitura di corrente all’utente finale, le cabine di trasformazione media/bassa tensione possono generare localmente alti valori di campo magnetico e, data la loro collocazione spesso in prossimità o all’interno di edifici adibiti a presenza di persone, esse possono generare esposizione a campo magnetico.
Pur avendo a disposizione un catasto regionale degli elettrodotti a media tensione, completo anche delle informazioni riguardanti le cabine di trasformazione, non sempre la conoscenza cartografica del punto di installazione della cabina è sufficientemente precisa per discriminare se un impianto confini o meno con luoghi frequentati.
Per questo l’ARPA della Valle d’Aosta ha ritenuto opportuno condurre un’indagine a tappeto sul territorio regionale, effettuando sopralluoghi presso tutte le cabine e, nel caso in cui lo si ritenesse opportuno, eseguendo rilievi di campo magnetico.

I risultati ottenuti sono importanti in quanto permettono di escludere situazioni rilevanti di alta esposizione ai campi magnetici per le cabine fino ad ora visionate, 98% del totale. Solo per un caso specifico sarà necessario approfondire il monitoraggio. Quindi in Valle d’Aosta per quanto il campo magnetico generato dagli elementi interni alla cabina possa essere elevato, le prassi di realizzazione, quanto più possibile lontano dagli edifici o comunque in locali di servizio non frequentati, e le scelte di percorso per i conduttori, in genere sono stati tali da rendere trascurabile il campo magnetico rilevabile all’esterno.
Ciò, però, non è sufficiente per escludere che anche nelle cabine non ancora visionate i livelli di campo magnetico rispettino i limiti normativi in vigore. Infatti, ogni caso ha una sua specificità: i livelli di campo dipendono dalla tipologia di cabina installata, dalla disposizione degli apparati elettrici al suo interno e dalle caratteristiche ambientali del luogo in cui essa viene posizionata. Quindi, solamente tramite il controllo mirato, comprensivo di sopralluogo e di eventuali misure, è possibile monitorare l’esposizione e verificare il rispetto dei limiti.

rsa2011-TER_RI_A02 Dose efficace media individuale annuale

La dose efficace media individuale annuale è la stima dell’esposizione di ciascun membro della popolazione alla radioattività.

La grandezza radioprotezionistica “dose efficace” è costruita a partire dall’energia ceduta dalla radiazione ionizzante all’unità di massa di tessuto, ovvero dalla “dose assorbita”, indicata con D e misurata in gray (Gy), 1 Gy = 1 J / 1 Kgm. Per tenere conto del diverso impatto biologico di radiazioni ionizzanti di diversa natura (fotoni gamma, raggi x, particelle alfa, particelle beta, ecc…) si pesano i loro contributi alla dose assorbita con dei coefficienti (1 per fotoni gamma, raggi x, particelle beta, 20 per particelle alfa, ecc…), ottenendo così la “dose equivalente” (“dose” nel D.Lgs. 230/95 e s.m.i.), misurata in sievert (Sv). Per la radiazione gamma, ad esempio, essendo il coefficiente di impatto pari a 1, 1Gy = 1Sv. L’impatto complessivo sull’organismo viene successivamente calcolato sommando le dosi equivalenti ai vari organi o tessuti conseguenti all’irradiazione, ciascuna pesata per un fattore di radiosensibilità dell’organo o tessuto medesimo (0,20 per le gonadi, 0,12 per colon, midollo osseo, polmoni, stomaco, e via decrescendo. La somma dei fattori per tutti gli organi o tessuti vale 1). Si ottiene in questo modo la dose efficace, indicata con E, misurata in sievert (Sv), riferita, in assenza di specificazioni, al corpo intero, ma riferibile a particolari organi o tessuti, come peraltro previsto dalla normativa stessa per cristallino, pelle, estremità.
Il termine “dose”, che spesso si ritrova senza ulteriori aggettivi, si riferisce alla dose assorbita D moltiplicata per i fattori necessari per qualificarne il significato per gli scopi radioprotezionistici. Di fatto, quindi, il termine dose viene ad essere usato come abbreviazione di dose efficace.

La dose efficace media individuale annuale risulta dalla somma di diversi contributi, quanto mai eterogenei. Per quanto riguarda le sorgenti, si va dalla radiazione cosmica proveniente dallo spazio ai radionuclidi facenti parte del nostro corpo; dal radon che ciascuno respira quotidianamente nella propria abitazione alle dosi connesse a esami medico-diagnostici e terapie specifiche. Per quanto riguarda le modalità di impatto sull’organismo, vi sono le dosi ricevute per esposizione esterna a radiazioni, e le dosi derivanti dall’assunzione di radionuclidi all’interno del corpo. In questo secondo caso si parla di dose efficace “impegnata”, in quanto l’introduzione di radionuclidi nell’organismo comporta una irradiazione, e quindi un assorbimento di dose da parte dei tessuti, nel tempo susseguente l’assunzione, in dipendenza dal tempo di decadimento fisico del radionuclide, dalle dinamiche biofisiche di interazione dei radionuclidi con i tessuti, e dalle dinamiche metaboliche dell’organismo.
La distribuzione media stimata dei contributi alla dose media individuale annuale per la popolazione italiana è mostrata in Fig.1.

fig1 contributi pop italiana

Fig. 1 – Contributi alla dose efficace media individuale annuale per la popolazione italiana. Dati elaborati da stima riportata in Annuario APAT (ora ISPRA) dei dati ambientali, 2005-2006 (1).

La dose efficace media individuale annuale per la popolazione italiana (somma dei diversi contributi) è stimata pari a 4,5 mSv/anno.

Va sottolineato che la dose da radon – la fetta principale – è fortemente dipendente dalle concentrazioni locali, che in Italia variano molto da regione a regione (2),  e da zona a zona all’interno di una medesima regione. Un’altra fetta importante, la dose da esami medico-diagnostici, è stata stimata da valutazioni di organismi internazionali per i paesi industrializzati (3).

Nella valutazione dei contributi gioca un ruolo importante la stima dei tempi di permanenza delle persone all’interno delle abitazioni, che è stata la seguente:  60 % in casa, 19 % in altri luoghi chiusi e 21 % all’aperto. Questa ripartizione dei tempi contribuisce alla determinazione della dose da inalazione di radon a partire dalle concentrazioni misurate all’interno degli edifici (v. indicatore “Livelli di concentrazione di radon 222 all’interno di edifici), ma anche della dose dalle componenti cosmica e terrestre della radiazione gamma in aria in ambiente esterno (v. indicatore “Intensità di dose gamma ambientale per esposizione a radiazione cosmica e terrestre”), per le quali si è applicato un coefficiente di schermatura all’interno degli edifici rispettivamente di 0,8 e 0,7 (1).  

Una percentuale oggi trascurabile è dovuta alle applicazioni dell’energia nucleare e alle conseguenze di eventi incidentali correlati (incidente di Chernobyl).

La dose efficace annua è anche la grandezza nei cui termini sono indicati dalla legislazione vigente (D.Lgs. 230/95 e s.m.i.), in recepimento delle norme internazionali, i limiti di dose per le persone. Si riportano qui di seguito i limiti stabiliti per alcuni gruppi di riferimento della popolazione:

Persone del pubblico 1 mSv/anno
Lavoratori non esposti 1 mSv/anno
Lavoratori esposti

6 mSv/anno - cat. B

20 mSv/anno – cat. A

Tali limiti - e l’intero corpo normativo di protezione dalle radiazioni ionizzanti finalizzato al loro rispetto - si applicano (cit.- art.1, comma 1).  :
a)    alla costruzione, all’esercizio ed alla disattivazione degli impianti nucleari;
b)    alla somma delle dosi derivanti da tutte le pratiche che implicano un rischio dovuto a radiazioni ionizzanti provenienti da una sorgente artificiale (tra cui le pratiche collegate al funzionamento delle macchine radiogene), o da una sorgente naturale, nei casi in cui i radionuclidi naturali siano - o siano stati - trattati per le loro proprietà radioattive … ;
c)    alle esposizioni da attività lavorative con particolari sorgenti naturali di radiazioni (luoghi di lavoro sotterranei, esposizione anche di persone del pubblico a materiali o residui di lavorazione contenenti concentrazioni particolarmente elevate di radionuclidi naturali, attività in stabilimenti termali, attività su aerei);
d)    agli interventi in caso di emergenza radiologica o nucleare.

I limiti di dose suddetti non si applicano per l’esposizione al radon nelle abitazioni e per l’esposizione al fondo naturale di radiazioni. Essi non si applicano quindi “nè ai radionuclidi contenuti nell’organismo umano, né alla radiazione cosmica presente al livello del suolo, né all’esposizione in superficie ai radionuclidi presenti nella crosta terrestre non perturbata” (cit.- art.1, comma 1 bis).

Inoltre, nel calcolo della somma delle dosi per l’individuo derivante dalle pratiche che espongono a radiazioni ionizzanti, al fine della verifica del rispetto dei limiti di dose,  non si considerano le “esposizioni di pazienti nell’ambito di un esame diagnostico o di una terapia che li concerne” (cit.- art.2, comma 5 a).

La normativa prevede anche un criterio di non rilevanza radiologica delle pratiche, ovvero un limite inferiore per l’applicabilità delle disposizioni previste dal sistema di radioprotezione ad attività con sorgenti di radiazioni artificiali o naturali trattate per le loro proprietà radioattive, nella misura di: 10 µSv/anno (ovvero 0,01 mSv/anno) per ogni singolo individuo e 1 Sv x persona/anno con riferimento a tutte le persone coinvolte. Le due condizioni devono essere valide contemporaneamente (cit.- All. I, 0.).

Per un corretto inquadramento dei principi a cui si ispira la normativa nazionale e internazionale di radioprotezione, è fondamentale sottolineare che il rispetto dei limiti per le esposizioni conseguenti alle pratiche – ovvero la limitazione delle dosi - interviene nell’ambito dei principi generali di giustificazione delle pratiche, “anteriormente alla loro adozione, in ragione dei loro vantaggi economici, sociali o di altro tipo rispetto al detrimento sanitario che ne può derivare” (cit.- art.2, comma 1), e di ottimizzazione delle pratiche, ovvero di mantenimento dell’esposizione “al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali” (cit.- art.2, comma 3).

 

NOTE:

(1) APAT “Annuario dei dati ambientali 2005 – 2006”, indicatore A06-009 – Dose efficace media individuale in un anno.

(2) Bochicchio, Campos Venuti, Piermattei, Torri, Nuccetelli, Risica, Tommasino “Results of the national survey on radon indoors in all the 21 italian regions”, Proceedings of radon in the living environment workshop, Atene, 1999.

(3) UNSCEAR, “Sources and effects of ionizing radiations”, 2000.

rsa2011-TER_ASL_A02 Indagini sui residui di antiparassitari in prodotti vegetali

I prodotti fitosanitari hanno lo scopo di proteggere le colture  prima e dopo il raccolto contro le malattie e i parassiti. La loro azione si esplica in un lasso di tempo durante il quale la molecola si degrada diminuendo di quantità fino ad arrivare ad essere in concentrazione residuale. Infatti, per residuo di un prodotto fitosanitario s’intende “la sostanza che viene rilevata nei vegetali o nei prodotti trasformati, nei prodotti animali destinati al consumo umano o nell’ambiente e che deriva dall’impiego di un prodotto fitosanitario”. La quantità di residui riscontrata nel cibo deve essere sicura per i consumatori e deve essere la più bassa possibile.
Ogni anno  la Comunità Europea delibera il programma coordinato di controllo fitosanitario, che deve essere recepito da tutti i paesi dell’Unione Europea, sugli alimenti di produzione interna e di importazione, per conoscere l'effettiva presenza dei residui di pesticidi nelle derrate alimentari. A questo scopo è stato emanato il Regolamento 915/ 2010 che ha stabilito le combinazioni antiparassitari/prodotto da monitorare nei prodotti vegetali per l’anno 2011; i controlli dovevano essere eseguiti sui fagioli con baccello (freschi o congelati),  carote, cetrioli, arance, mandarini, pere, patate, riso, spinaci (freschi o congelati) e farina di frumento. Su tali alimenti sono stati ricercati i residui dei fitofarmaci per verificare il rispetto dei livelli massimi previsti dal Regolamento (CE) n. 396/2005 (e successive modifiche), che ha fissato le disposizioni comunitarie armonizzate in materia di “livelli massimi di residui (LMR) di antiparassitari nei o sui prodotti alimentari e mangimi di origine vegetale e animale”.
Le attività di controllo ufficiale e di prelievo sono state eseguite dal Dipartimento di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione dell’AUSL e hanno riguardato sia prodotti italiani sia prodotti di altra provenienza destinati a essere commercializzati nel territorio valdostano. Gli accertamenti  analitici sono stati effettuati dal laboratorio dell’ Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, che ha provveduto anche ad inviare i risultati ottenuti, via web, al Ministero – Direzione Generale della Sicurezza Alimentare e Nutrizione.
Nelle tabelle e nei grafici seguenti sono riportati i risultati del controllo ufficiale per l’anno 2011.

Campioni analizzati nel 2011 per la ricerca degli antiparassitari

 

FRUTTA ORTAGGI CEREALI PRODOTTI DERIVATI PRODOTTI PER L'INFANZIA
Pere Mele Uva da vino Arance Mandarini Insalata Cetrioli Carote Patate Spinaci Fagiolini Farina Riso Vino Olio  
4 2 2 4 4 1 4 4 3 5 4 4 4 10 5 6

 

1 grafico campioni analizzati

Presenza di pesticidi in campioni di ORTAGGI

2 campioni ortaggi

Relativamente ai campioni di ortaggi prelevati , si evidenzia che:

  • tutti i campioni sono regolari cioè il valore di concentrazione di principio attivo riscontrato è inferiore ai limiti di legge
  • l’84% dei campioni non presenta residui
  • il 16% presenta residui e tra questi:
  1. sull’ 8% dei campioni analizzati è stato riscontrato 1 principio attivo
  2. sull’ 8% dei campioni analizzati sono stati riscontrati 2 principi attivi
  • Le matrici maggiormente trattate sono la lattuga e gli spinaci con due trattamenti sul medesimo campione
  • Le matrici che risultano senza residui sono i cetrioli, le carote, le patate

Presenza di pesticidi in campioni di FRUTTA

3 campioni frutta

Relativamente ai campioni di frutta prelevati , si evidenzia che:

  • tutti i campioni sono regolari cioè il valore di concentrazione di principio attivo riscontrato è inferiore ai limiti di legge
  • il 62% dei campioni non presenta residui
  • il 38% presenta residui e tra questi:
  1. sul 25% dei campioni analizzati è stato riscontrato 1 principio attivo
  2. sul 13% dei campioni analizzati sono stati riscontrati 2 principi attivi
  • le matrici maggiormente trattate sono le arance e i mandarini con due trattamenti sul medesimo campione
  • le matrici che presentano con maggior frequenza residui sono le arance (100% di positività) e i mandarini (25%)
  • le matrici che risultano senza residui sono le pere e l’uva da vino

Ppresenza dei pesticidi in campioni di PRODOTTI DERIVATI e PRODOTTI PER L'INFANZIA

4 prodotti infanzia

Relativamente ai campioni di prodotti derivati prelevati, si evidenzia che:

  • tutti i campioni sono regolari cioè il valore di concentrazione di principio attivo riscontrato è inferiore ai limiti di legge
  • il 77% dei campioni non presenta residui
  • sul  23% dei campioni analizzati è stato riscontrato 1 principio attivo
  • la matrice maggiormente trattata è l’olio di oliva
  • la matrice che risulta senza residui è il vino
  • tutti i prodotti per l’infanzia sono risultati esenti da residui

Presenza dii pesticidi in campioni di CEREALI

5 cereali

Relativamente ai campioni di cereali prelevati, si evidenzia che:

  • tutti i campioni sono regolari cioè il valore di concentrazione di principio attivo riscontrato è inferiore ai limiti di legge
  • l’89 % dei campioni non presenta residui
  • sull’11% dei campioni analizzati è stato riscontrato 1 principio attivo
  • la matrice che risulta senza residui è il riso

 

Fonte del dato: ARPA VALLE D’AOSTA
I dati sono di proprietà dell’Azienda USL della Valle d’Aosta.

rsa2011-TER_INQ_A03 Le analisi gravimetriche per la determinazione delle concentrazioni di particolato atmosferico

PREMESSA

L’inquinamento dell’aria si verifica quando sono immesse nell’atmosfera sostanze che ne alterano la composizione naturale, Figura 1 e Figura 2. Gli inquinanti immessi possono essere classificati in funzione della loro concentrazione (macro e microinquinanti) o della loro origine (primari e secondari), senza alcun riferimento al loro grado di nocività.  Le conseguenze dell’inquinamento dell’aria sono note e non riguardano soltanto gli impatti diretti sulla salute umana, ma anche l’alterazione degli ecosistemi, fenomeni di corrosione, danni al patrimonio artistico, ecc. Gli effetti dell’inquinamento si risentono soprattutto a livello locale, ma anche globale, ed hanno un costo elevato per la nostra società moderna. Ciò ha promosso l’emanazione di numerose normative a livello comunitario, nazionale e regionale, che hanno per obbiettivo la tutela della salute e dell’ambiente e la riduzione dell’inquinamento. Parallelamente sono stati intrapresi monitoraggi della qualità dell’aria da parte, in particolare, delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente, con l’applicazione di modelli diffusionali per simulare le dispersioni degli inquinanti e fare previsioni sulle loro concentrazioni a livello del suolo. Tra gli inquinanti maggiormente monitorati vi è il particolato atmosferico: l’attenzione dapprima puntata sulle Polveri Totali Sospese (PTS), si è, poi, rivolta alle polveri fini, con riferimento alla frazione con diametro aerodinamico inferiore a 10  o 2.5 μm (rispettivamente PM10 e PM2,5).

Il particolato atmosferico è un aerosol costituito da un sistema di particelle solide, liquide o formate da fasi diverse, disperse in aria. Le particelle di un aerosol hanno, generalmente, forma, dimensioni, natura chimica, densità, differenti. La particolare attenzione che oggi è rivolta alle polveri fini è dovuta a molteplici fattori. Le polveri fini, se respirate, possono raggiungere gli alveoli polmonari. Esse hanno una reattività chimica e biologica elevata a causa della notevole superficie rispetto al volume. Basti pensare che da un cubo di lato pari a 1 cm, con un’area superficiale complessiva di 6 cm2 , si possono ottenere mille miliardi di cubetti di lato 1 µm (un millesimo di millimetro) con una superficie complessiva di ben 60000 cm2 !

Le polveri fini possono adsorbire sulla loro superficie gas e vapori e fungere, quindi, da carriers di altri inquinanti aerodispersi. Più interazioni tra particelle e substrato biologico possono contribuire alla loro patogenicità e i loro effetti possono persistere per lunghi periodi di tempo. La loro patogenicità è determinata anche dalla loro durabilità in vivo, cioè dalla loro biopersistenza.

Per i motivi sopra esposti le PTS e il PM10 sono due indicatori che forniscono una stima delle immissioni regionali di polveri in atmosfera. La quantificazione di questi indicatori è necessaria per valutare la qualità dell’aria che respiriamo. Questi monitoraggi e controlli derivano, inoltre, da richieste di riduzione delle emissioni contenute in accordi internazionali ed è esplicitamente prevista dal Piano Regionale per il risanamento, il miglioramento e il mantenimento della qualità dell’aria (L.R. n. 2/2007).

Le emissioni convogliate a camino delle attività industriali e artigianali devono essere autorizzate dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta. Nelle autorizzazioni possono essere fissati dei limiti alle emissioni di specifici inquinanti, tra cui le polveri totali, connessi al ciclo produttivo e alle materie prime utilizzate.

ter inq a03 fig1

Figura 1 Emissioni convogliate e diffuse in atmosfera.    

ter inq a03 fig2

Figura 2 Gas di scarico dei veicoli a motore e impianti di riscaldamento.

Quando non si utilizzano strumenti automatici la determinazione delle concentrazioni di polveri nell’aria o alle emissioni richiede l’espletamento di due fasi distinte: il campionamento e l’analisi. La Sezione Analisi Mineralogiche, Morfologiche e Microanalisi dell’ARPA Valle d’Aosta ha messo a punto un metodo analitico strumentale per la determinazione della concentrazione di polveri, mediante analisi gravimetrica.

IL CAMPIONAMENTO DELLE POLVERI AERODISPERSE

Per quanto concerne il monitoraggio del particolato atmosferico l’ARPA Valle d’Aosta utilizza sia strumenti automatici che pompe di aspirazione dell’aria collegate a teste di prelievo per il particolato fine.

Per il prelievo del particolato atmosferico si campiona un volume noto d’aria , utilizzando una pompa  collegata ad una testa di separazione ad impatto inerziale che seleziona la frazione di particolato di interesse, PM10 o soltanto PM2.5. L’aria aspirata passa attraverso un filtro in microfibra di vetro su supporto di PTFE (politetrafluoroetilene). Si tratta di un filtro "in profondità", del diametro di 47 mm, che permette di separare le particelle solide in sospensione che si depositano sia alla sua superficie che all’interno, Figura 3.

I filtri sono pesati prima e dopo i prelievi e per differenza si ricava la massa di particolato campionata. La concentrazione di particolato si ottiene dividendo successivamente il valore della massa per il volume d’aria aspirato. Prima delle pesate i filtri devono essere condizionati per 48 ore in modo da eseguire le due pesate nelle stesse condizioni ambientali di temperatura ed umidità relativa.

ter inq a03 fig3

Figura 3 Immagine al SEM (Microscopio Elettronico a Scansione) di un filtro in microfibra di vetro, rispettivamente, prima e dopo il prelievo di particolato (si osservano alcune particelle di polvere depositatesi sul filtro).

Anche nel caso dei controlli a camino si utilizzano filtri e pompe di aspirazione dell’aria ma in questo caso le teste di prelievo sono specifiche per le polveri totali e il campionamento deve essere effettuato in condizioni isocinetiche (cioè aspirando l’aria alla stessa velocità di quella dei fumi che fuoriescono dal camino).

IL CONDIZIONAMENTO DEI FILTRI E LE ANALISI GRAVIMETRICHE

Per quanto concerne il condizionamento dei filtri e le analisi gravimetriche le norme di riferimento sono l’EUROPEAN STANDARD EN 12341 1999 ("Air quality. Determination of the PM10 fraction of suspended particulate matter. Reference method and field test procedure to demonstrate reference equivalence of measurement methods") e il D.M. 60/2002 ("Procedure operative ai fini della certificazione di equivalenza dei metodi e dei sistemi per il campionamento e la misura del PM10 da parte dei laboratori primari di riferimento") successivamente abrogato dal D.Lgs. n. 155/2010 ("Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa").

Per le pesate si devono utilizzare delle bilance analitiche aventi una risoluzione di almeno 10 μg. La bilancia deve essere installata e utilizzata nella camera di pesatura. Il condizionamento dei filtri deve essere eseguito a T = 20°C ± 1°C e Ur = 50 % ± 5 % per 48 ore.

Per eseguire il condizionamento dei filtri l’ARPA Valle d’Aosta si è dotata di una apposita camera di pesata, Figura 4, dotata di filtri dell’aria da trattare e trattata, che ha le seguenti dimensioni: H = 270 cm; L = 200 cm; P = 150 cm ed un volume di circa 8 m3. All’interno della cabina la temperatura e l’umidità relativa dell’aria sono mantenute costanti (20°C ± 0.5°C e 50 % ± 2 % rispettivamente).

La camera di pesata viene sottoposta periodicamente a manutenzione e mappatura, con il rilascio di un certificato di conformità. Nel corso della mappatura sono eseguiti rilievi di temperatura a bulbo umido e a bulbo asciutto (utilizzando uno psicrometro digitale) nel punto centrale della cabina, dopo la stabilizzazione delle condizioni termoigrometriche.

ter inq a03 fig4

Figura 4 La camera di pesata

ter inq a03 fig5

Figura 5 Particolare della bilancia elettronica

Per pesare i filtri si utilizza una microbilancia elettronica a sei cifre decimali (MAX 5.1 g , d= 1 μg) a compensazione elettromagnetica, Figura 5. La bilancia è posta su un tavolino antivibrante. All’accensione della bilancia viene eseguito automaticamente un test di autodiagnosi dei circuiti elettronici e della schermatura contro le correnti d’aria che termina con l’azzeramento del display.

Anche la bilancia è sottoposta a manutenzione e taratura annuale con il rilascio di un certificato di taratura DKD (Deutscher Kalibrierdienst).

Periodicamente vengono eseguiti dei controlli interni della bilancia utilizzando alcune masse certificate DKD (campioni di riferimento) da 5, 10, 100 e 500 mg (valore nominale o valore "vero"). I dati acquisiti sono registrati su apposite schede dette carte di controllo (Control Charts).

Per utilizzare le masse si usano delle apposite pinzette con la punta di gomma. Ogni due anni le masse vengono ricertificate in quanto possono subire delle variazioni di peso dovute all’usura o al loro utilizzo. Per mezzo delle masse certificate e delle carte di controllo possiamo verificare nel tempo se il nostro processo di misura è "sotto controllo" o "fuori controllo", Figura 6. Si utilizzano le carte di controllo allo scopo di individuare tempestivamente l’insorgere di errori sistematici durante un processo di misura (in presenza di errori sistematici un processo si dice "fuori controllo"). Nel caso che il processo di pesata risulti "fuori controllo" viene richiesto immediatamente l’intervento tecnico alla ditta costruttrice della bilancia.

ter inq a03 fig6

Figura 6 Variazione nel tempo della massa di un campione di riferimento da 100 mg nel caso di un processo di pesata "sotto controllo".

La bilancia analitica, la camera di pesata in cui è posta  e le procedure di controllo sono il nucleo del metodo gravimetrico per la determinazione  della concentrazione di polveri in atmosfera. Per aumentare l’accuratezza, è stato installato un sistema automatico (robotizzato) per la pesatura dei filtri che permette di effettuare l’analisi gravimetrica automaticamente riducendo le attività manuali degli operatori e assicurando la ripetibilità delle misure stesse. Ogni singolo filtro viene pesato 5 volte di seguito, nelle stesse condizioni sperimentali, e  dai valori delle misure ripetute viene calcolata la media aritmetica e la deviazione standard.

Il sistema robotizzato è costituito da bracci/assi meccanici completamente indipendenti tra loro che, tramite un microcontrollore, effettuano le operazioni di prelevamento e di pesata dei filtri, Figura 7 e Figura 8.

I filtri sono posti su una pila portafiltri sulla quale ne possono essere disposti fino ad un massimo di 48. Le operazioni di pesata sono gestite da un software dedicato che con l’ausilio di un PC garantisce il corretto funzionamento dell’automatismo. I valori del peso sono memorizzati solo dopo che si sono raggiunte le condizioni di stabilità . Il risultato viene espresso con la relativa incertezza di misura.

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Figura 7 Il sistema robotizzato per le pesate automatiche.

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Figura 8 Particolare del rack portafiltri

In prossimità del rack portafiltri è stata posta una sonda di umidità e temperatura collegata ad un registratore; i dati di temperatura ed umidità relativa dell’aria all’interno della camera di pesata vengono memorizzati e al termine del condizionamento dei filtri sono stampati i relativi grafici. Nel caso in cui si verifichino anomalie durante il condizionamento dei filtri  queste saranno mostrate dai grafici e riportate in una apposita tabella degli eventi: in tal caso, risolto il problema,i filtri dovranno essere ricondizionati.

ter inq a03 fig9

Figura 9  Numero di analisi gravimetriche svolte negli anni dal 2003 al 2012

In Figura 9 viene riportato il numero di analisi gravimetriche eseguite nel corso degli anni a partire dal 2003, anno di acquisto della bilancia elettronica a sei cifre decimali.