Introduzione

Ai sensi della vigente normativa (D.lgs. 152/2006 a s.m.i), un’area dove sono state riscontrate - in campioni di suolo superficiale, sottosuolo o di acqua sotterranea - concentrazioni superiori a quelle massime previste dalla normativa  - CSC - (anche per un solo inquinante), viene definita “sito potenzialmente contaminato”.

 

fig 1 iterSC1

Quando a seguito di specifici approfondimenti si accerta la presenza di rischio per la salute umana, derivante dall’inquinamento,  l’area in esame viene definita “sito contaminato”.

Gli eventi in grado di dare luogo alla contaminazione di suolo e acque sotterranee possono essere i più svariati (dolosi o accidentali, puntuali o diffusi, istantanei o prolungati nel tempo, pregressi o tuttora attivi,…), così come diversi possono essere i contaminanti e l’estensione dell’area contaminata. 

In linea generale, comunque, i siti contaminati più complessi e problematici sono per lo più riconducibili ad eventi di contaminazione storici, ovvero risalenti ad alcuni decenni fa quando in Italia non era ancora stata emanata alcuna normativa a tutela dell’ambiente; tipicamente si tratta di vecchie aree industriali (sia dismesse che tuttora in attività) o discariche interrate incontrollate.

L’esistenza dei siti contaminati non è sempre palese (sicuramente molti non sono noti): la contaminazione può essere scoperta accidentalmente - ad esempio a seguito di scavi edili o di lavori di manutenzione su impianti o serbatoi interrati - oppure essere rilevata sulla base di anomalie nelle concentrazioni delle acque sotterranee 

Accertamento superamento CSC

Al verificarsi di un evento potenzialmente contaminante (es sversamento accidentale, rottura di una cisterna ….) o al rinvenimento di contaminazione storiche, il soggetto responsabile (nel caso di evento accidentale) o il proprietario del sito (nel caso di contaminazione storica) deve provvedere  a:

  • darne immediata comunicazione agli enti competenti
  • eliminare la sorgente primaria di contaminazione (riparazione cisterna, ecc.) e adottare una prima serie di misure di prevenzione (rimozione o contenimento contaminazione evidente ).
  • eseguire (a seguito di questi primi interventi) delle analisi chimiche sul terreno e/o sulle acque potenzialmente interessate dalla contaminazione (es. terreno sottostante  lo sversamento).

Se le suddette analisi:

  • non evidenziano superamenti delle CSC, il responsabile ne dà notizia agli enti competenti  (autocertificazione) ed il procedimento si conclude.
  • evidenziano un superamento delle CSC, si attiva la procedura “per sito potenzialmente contaminato” di seguito descritta.

Da “potenzialmente contaminato” a “contaminato”

 Le massime concentrazioni previste dalla normativa CSC, ovvero Concentrazioni Soglia di Contaminazione) sono definite sulla base di studi epidemiologici e rappresentano i valori al di sopra dei quali potrebbe, in linea teorica, esistere un rischio per la salute umana.

Il superamento delle CSC determina l’apertura di un apposito procedimento tecnico-amministrativo che comporta in estrema sintesi i seguenti passi, i cui oneri sono a carico del responsabile dell’inquinamento individuato (o, se quest’ultimo non può essere individuato, della pubblica amministrazione):

  •  indagini geognostiche volte a definire la geometria e l’estensione della contaminazione nel sottosuolo, proposte in un apposito documento definito "piano di caratterizzazione";
  •  verifica, con apposito strumento decisionale (Analisi di Rischio sanitario ambientale), dell’effettiva esistenza di un rischio sanitario in funzione di diversi fattori sito-specifici (reale utilizzo, geologia ed idrogeologia). In altre parole, l’Analisi di rischio indica se l’inquinamento rilevato in un dato sito comporta o meno, in quella situazione specifica, un rischio per la salute umana, definendo inoltre le concentrazioni di inquinante ammissibili nell’area (CSR – Concentrazioni soglia di rischio), in funzione delle sue caratteristiche sito specifiche;
  •  in caso di esistenza di rischio, il responsabile dell’inquinamento deve procedere alla bonifica sino alle CSR sopra definite. Quest’ultima solo nei casi più semplici (contaminazione superficiale su un’area modesta) può consistere nella mera rimozione del terreno contaminato e suo conferimento a discarica; in tutti gli altri casi sono applicate tecnologie di bonifica più complesse “in sito”, senza movimentazione del materiale e con l’ausilio di perforazioni ;
  •  se invece non sussiste rischio, il procedimento può essere chiuso; viene mantenuto generalmente un monitoraggio ambientale del sito.

 

fig2 iterSC2

Bisogna inoltre considerare che, anche in funzione delle caratteristiche geologiche di un’area, si possono verificare, soprattutto per i metalli, superamenti delle CSC non imputabili ad una singola origine (“inquinamento diffuso”); in tali casi gli interventi di bonifica e di ripristino devono essere disciplinati in modo specifico dalle regioni attraverso l'adozione di appositi piani di intervento.

Cosa non è un sito contaminato

E’ bene chiarire che, secondo l’attuale impostazione normativa (D.Lgs.152/06, Parte Quarta, Titolo V) ,  la tematica siti contaminati:

  • non riguarda l’inquinamento di altre matrici ambientali, come acque superficiali o aria. Quest’ultima è contemplata solo in quanto mezzo di diffusione, tramite volatilizzazione, dell’inquinamento presente nel sottosuolo
  • non riguarda il mero abbandono di rifiuti in superficie (a meno che ciò non abbia a sua volta comportato l’inquinamento di terreno e/o acqua sotterranea);
  • non è  concepita a protezione dell’ambiente in senso lato, bensì a specifica tutela della salute umana
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